il caso

Alessio D'Amato, l'assessore sull'ospedale Forlanini ha la memoria corta

Antonio Sbraga

Prima la «cittadella della pubblica amministrazione», poi quella «delle organizzazioni internazionali» e ora, infine, la «città della salute». Ormai, più che «Forlanini», Fregoli dovrebbe chiamarsi il 5° diverso progetto di trasformazione in 8 anni annunciato per l’ex ospedale fondato nel 1920 e abbandonato dal 2015. Ma forse neppure il grande trasformista Leopoldo Fregoli riuscirebbe a cambiare così tanti volti lasciando, però, sempre lo stesso profilo dell’abbandono nella struttura dell’ex nosocomio, tuttora inutilizzata. Ora, secondo l’ennesimo annuncio fatto dall’assessore regionale alla Sanità e candidato presidente del Pd, Alessio D’Amato, il Forlanini dovrebbe diventare «una città della salute con il Bambino Gesù».

Tornando, quindi, all’originaria vocazione ospedaliera che, fino ad ora, era stata invece sempre esclusa dalla Regione. Nonostante le 118.713 persone che hanno firmato la petizione per la «riapertura immediata dei servizi medici presso l’Ospedale Forlanini», lanciata tre anni fa dall’ex primario della struttura, Massimo Martelli. Una richiesta bipartisan sostenuta anche dall’allora sindaca di Roma, Virginia Raggi. Invece a tutto la Regione finora aveva pensato, tranne che ad una destinazione ospedaliera per il complesso immobiliare di via Portuense, esteso su circa 170mila metri quadrati.

  

Nel settembre 2016, infatti, la Regione annunciò che «il progetto di valorizzazione prevede la rigenerazione urbanistica dell’ex ospedale in Centro Polifunzionale della pubblica Amministrazione e dei servizi ai cittadini. La struttura sarà destinata ad ospitare uffici pubblici dello Stato».

Nel marzo 2017, dopo aver speso un milione di euro per bonificare l’area, la Regione ribadì di voler puntare alla «ristrutturazione del manufatto con investimenti da parte di soggetti pubblici di 250 milioni di euro». Ma la prima variante spuntò nel 2018, quando la Regione virò il progetto su una «cittadella delle organizzazioni internazionali». Nuovo cambio due anni dopo, con l’offerta di farne la sede dell’«Agenzia europea della ricerca biomedica» nel 2020.

Nel 2021 «il presidente della Regione ha formalmente comunicato al presidente del Consiglio la volontà di accogliere il nuovo organismo europeo nel complesso dell’ex ospedale Forlanini». E ha deliberato «la redazione di un apposito studio di fattibilità», affidandolo alla società regionale LazioCrea con una spesa «nei limiti dell’importo presunto di 75mila euro». Però, poi, nel luglio scorso la Giunta regionale ha approvato l’ennesimo «atto d’indirizzo per la riqualificazione del Padiglione R del complesso ex ospedale Carlo Forlanini», di via Portuense 332, al fine di autorizzarne la successiva concessione, a titolo oneroso, a favore del Ministero dell’Interno per la riallocazione del Centro Operativo di Roma della Direzione Investigativa Antimafia (Dia)».

Nell’attesa della «successiva concessione», che però, nei tre precedenti casi, si è fermata all’atto d’indirizzo. Cambiato, peraltro, ogni due anni, ma sempre nel degrado progressivo della struttura di via Portuense. Nella quale, sin dal 2016, la Regione s’accorse della «necessità di ingenti risorse finanziarie per la riqualificazione del compendio, stimate in 221 milioni di euro (pari a 1.900 euro per metro quadrato), al punto di optare per un’altra «soluzione di riqualificazione del compendio, l’alienazione, per la successiva riqualificazione». Tant’è che, nel dicembre 2016, la Regione provvide agli «adempimenti propedeutici all’alienazione».

Sventata poi in extremis solo grazie al «Ministero dell’Economia, che ha ritenuto di non dover dare seguito alla procedura di alienazione e, pertanto, il compendio è stato nuovamente inserito nel patrimonio indisponibile dell’Ente, in attesa di nuove decisioni». Plurale appropriato perché, nel febbraio 2018, «la Giunta regionale ha adottato un nuovo atto di indirizzo», l’ennesimo: «il complesso Forlanini come una "Cittadella delle Organizzazioni internazionali" idonea ad ospitare le sedi del WFP e dell’IFAD ed altre entità delle Nazioni Unite». Ma poi, «a seguito dell’emergenza epidemiologica», la Regione ha cambiato di nuovo idea, puntando «alla realizzazione di differenti progetti».

Fin troppo cangianti a giudizio del coordinatore regionale della Lega, Claudio Durigon: «Finalmente persino Alessio D’Amato si accorge che la destinazione del Forlanini non può che essere alla sanità. Meglio tardi che mai, anche se il sospetto che il candidato governatore del Pd si svegli solo perché è in campagna elettorale è forte. In dieci anni, da presidente della cabina di regia prima e da assessore alla Sanità poi, D’Amato non ha fatto nulla per il Forlanini, non ha tirato fuori lo straccio di un progetto di rilancio». Ma Durigon tiene a ricordare che, «in piena emergenza Covid, quando il Forlanini poteva essere riutilizzato per ricoverare i malati di Coronavirus, D’Amato non disse una parola sulla folle idea di Zingaretti di usarlo per ospitare Organizzazioni non governative. Evidentemente le esigenze del business delle Ong, in particolare di quelle che si occupano dei migranti, sono sempre state tenute molto in considerazione dalla sinistra. Di certo più di quelle dei cittadini. È solo grazie all’impegno della Lega che si è scongiurata l’ipotesi che un ospedale fosse regalato alle Ong.

In due legislature Zingaretti e D’Amato non hanno fatto nulla per quella che era un’eccellenza del Lazio e che nel frattempo sta marcendo. La Lega al governo della Regione lo restituirà alla collettività. Gli annunci di D’Amato sulla sua Città della Salute sono parole al vento: ha avuto dieci anni per farlo e non lo ha fatto. I cittadini del Lazio sono attenti e non si faranno abbindolare».