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Sparatoria a Roma, il poligono è un colabrodo: ecco come Campiti ha rubato la pistola

Matteo Vincenzoni

Non serve essere Arsenio Lupin per rubare una pistola da un poligono di tiro. Lo ha fatto Claudio Campiti, l'altro ieri mattina, e dopo una trentina di minuti circa era già in via Monte Giberto, a Colle Salario, per sparare a soci e amministratori del Consorzio Valleverde.

  

Che sottrarre una pistola da un poligono di tiro fosse un gioco da ragazzi, a febbraio del 2012 lo aveva già dimostrato un 40enne romano che aveva utilizzato l'arma il giorno successivo al furto per rapinare una videoteca sulla Nomentana. L'uomo, inoltre, così come il presunto killer del bar "Il posto giusto", era socio della struttura da cui aveva sottratto l'arma. L'iscrizione al Tiro a Segno Nazionale di Tor di Quinto del 57enne Claudio Campiti risale al 2018. Nel 2019, poi, aveva conseguito il diploma di «idoneità al maneggio delle armi» colpendo scrive il pm Giovanni Musarò, titolare dell'inchiesta nel "decreto di fermo" - «30 bersagli su 30 colpi sparati».

E se le indiscrezioni sul fatto che fosse titolare di una "card Platinum" del Tsn fossero confermate, allora, l'altro ieri mattina, per la sessione di tiro, gli sarebbe bastato passare in armeria a ritirare la valigetta con l'arma, il caricatore e i proiettili senza pagare un euro per l'affitto. Grosso modo quello che potrebbe aver fatto il rapinatore della videoteca di via Nomentana dieci anni prima. Solo che, in questo caso, il 40enne si è tenuto stretto l'arma fino al giorno successivo. L'indomani è entrato nel negozio coperto da un lungo cappotto, un cappello in testa e il bavero alzato. Dopo un giro tra gli scaffali è andato in cassa, ma invece di pagare ha tirato fuori la pistola e l'ha puntata alla testa del cassiere facendosi consegnare l'incasso.

Epilogo ben diverso, anzi tragico, ha avuto purtroppo il furto della Glock 45 avvenuto l'altro ieri mattina nella struttura di Tor di Quinto. Al triplice tentato omicidio e al porto abusivo di armi, ora potrebbe aggiungersi un'altra accusa: l'appropriazione indebita, proprio per aver portato via la Glock. Intanto i carabinieri, che hanno messo i sigilli al Tsn di Tor di Quinto, acquisiranno i verbali di ingresso e uscita di Campiti e visioneranno le telecamere per capire precisamente come si è mosso il 57enne. L'obiettivo è ricostruire eventuali responsabilità di chi era chiamato a vigilare. Una falla nel sistema di sicurezza del poligono c'è, nonostante il regolamento del Tsn sia chiaro: «Il ritiro e la successiva riconsegna dell'arma deve essere annotato sul Registro movimento giornaliero armi in uso». Quindi chi ha ritirato una pistola dovrebbe poi palesarsi per la riconsegna. Campiti si fa dunque consegnare in armeria la cassettina con arma, caricatore e proiettili. Poi, invece di raggiungere la "linea di tiro" per farsi togliere i sigilli della scatola, esce dalla struttura.

I sigilli non sarebbero altro che fascette di plastica. Basta un taglierino per toglierle. «Sulla linea di tiro non si è visto», ha confermato l'addetto alla consegna delle armi del poligono agli inquirenti che lo hanno sentito a sommarie informazioni. Al momento, comunque, nessun dipendente o responsabile del Tiro a segno di Tor di Quinto risulta indagato. Sulla «svista» della struttura romana si è concentrata ieri, in Prefettura, la riunione del "Comitato per l'ordine e la sicurezza". Secondo il sindaco Roberto Gualtieri sarebbe opportuna «una stretta, sia dal punto di vista legislativo che amministrativo, sull'utilizzo delle armi nei poligoni». Tematica che chiama in causa il Governo, ma già a livello comunale, ha aggiunto il prefetto Bruno Frattasi, «programmeremo controlli amministrativi per verificare la regolarità della conduzione da parte dei gestori delle strutture».