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Dopo il coronavirus la sanità non riparte. Liste d'attesa sempre nel caos

Antonio Sbraga
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Crescono le attese per lo smaltimento delle liste d’attesa dopo 3 mesi di ambulatori chiusi per l’emergenza-Covid-19. Le riaperture nel Lazio, scattate sulla carta il 25 maggio, vanno infatti ancora a rilento: procedono a macchia di leopardo a seconda delle 10 Asl, che sono già alle prese con gli effetti della perdita di mille medici specialisti nell’ultimo decennio e di un milione di appuntamenti sfumati nel trimestre scorso da dover recuperare. Una corsa contro il tempo, però, ulteriormente diradata dagli intervalli che ora dovranno diventare necessariamente più lunghi tra una visita specialistica e l’altra per dar modo di sanificare l’ambulatorio (e ancor di più per le apparecchiature usate durante gli esami diagnostici).

Proprio oggi dovrebbero entrare in piena applicazione le linee guida che la Regione ha inviato ad Asl e aziende ospedaliere: prevedono l’estensione delle attività ambulatoriali sino alle ore 22, sabato compresi, con il ricorso a turni straordinari, riduzioni dei piani-ferie e ingaggi a progetto degli operatori sanitari. Però, per riuscire a recuperare tempo, appuntamenti e specialisti perduti l’Ordine dei medici di Roma ricorda che c’è una sola ricetta: “potenziare l’offerta e gli orari al massimo - raccomanda il presidente, Antonio Magi - Dopo 10 anni di blocco delle assunzioni e la mancata sostituzione di chi è andato nel frattempo in pensione si è creata una mancanza di circa 1.000 specialisti nel Lazio, di quelli a 38 ore settimanali. Così oggi nel Lazio vi sono in servizio 2.143 specialisti, con un’età media di 54 anni, e con incarichi mediamente di 20 ore settimanali. Basterebbe, quindi, portarli al massimale orario di 38 ore o assumerne dei nuovi per un totale di almeno 38.000 ore settimanali in tutta la Regione- quantifica Magi- Il piano di rientro è costato caro e le liste d’attesa e il ricorso inappropriato ai Pronto Soccorso ne sono la prova. Vi sono circa 1 milione di prestazioni da recuperare nel Lazio per il blocco degli ambulatori e la maggioranza sono malati cronici ed anziani, oltre alle liste d’attesa che c’erano prima del Covid, allungate proprio a causa della carenza degli specialisti”.

La Regione ora ha dato indicazione di fissare gli appuntamenti dando priorità secondo i livelli di fragilità dei pazienti. Però tutte le agende vanno smaltite e, avverte il presidente Magi, occorre “investire sulle strutture territoriali, dotandole del personale medico, oltre che tecnico ed infermieristico, adeguato”. Questa settimana, ad esempio, il monitoraggio dei tempi d’attesa delle prestazioni specialistiche ambulatoriali di primo accesso, effettuato dalla stessa Regione Lazio, indica lo “0,0%” di possibilità di riuscire a prenotare entro i tempi massimi d’attesa l’ecocolordoppler dei vasi periferici per le prestazioni diagnostiche non urgenti, quelle “differibili” (anche le ecografie della mammella sono indicate col bollino rosso). E ora, senza gli adeguati rinforzi dei servizi ambulatoriali, “si rischia- conclude Magi- di dover rimandare per altri 3 mesi le già lunghe liste d’attesa”.

 

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