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Beffa in tribunale: "Lavatevi bene le mani". Ma il sapone non c'è

Andrea Ossino

«Scusi ma il sapone?», chiede una giovane avvocatessa. «No, qui non lo mettiamo mai. Non c’è neanche il porta sapone», risponde uno degli operatori che quotidianamente puliscono la cittadella giudiziaria più grande d’Europa. Ai tempi del coronavirus, il Tribunale penale di Roma non aiuta certo ad assolvere alla più basilare e semplice regola: lavarsi le mani. Si tratta della prima norma indicata dallo stesso decalogo dei «comportamenti da seguire» che è stato appeso in bella mostra in diversi muri e in ogni bagno del Tribunale. A dispetto del cartello però raramente i servizi igienici adiacenti le aule mettono a disposizione il sapone. In compenso sono state prese altre iniziative, spesso derise da avvocati e addetti ai lavori che ne hanno sottolineato la paradossalità. Ieri, ad esempio, l’aula della prima sezione della Corte d’appello ha celebrato i processi a porte chiuse. Imputati, avvocati, magistrati e funzionari interessati all’udienza potevano accedere all’aula. Le persone interessate ai processi successivi, anziché aspettare all’interno come di consueto, hanno atteso il loro turno fuori dall’aula. Così facendo hanno inevitabilmente creato quegli assembramenti che gli esperti consigliano di evitare. Il tutto mentre le aule adiacenti erano «a porte aperte», come sempre. Si è trattato dunque di una misura precauzionale riservata a una sola aula. Spulciando tra i documenti ufficiali le indicazioni sono diverse... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI