lazio nel caos

La grande trattativa per salvare Zingaretti

Manuel Fondato

I numeri per far cadere Nicola Zingaretti, unico presidente della Regione Lazio finora rieletto a un secondo mandato, ci sono. È una questione di matematica. Alle cifre va però allegata la volontà politica e quella probabilmente manca; per i più disparati motivi. Il governatore ha due consiglieri in meno di fatto, perché il suo ruolo non gli consentirebbe di partecipare con assiduità alle sedute del Consiglio Regionale dove le opposizioni possono contare su 26 consiglieri contro 25, di cui uno è appunto il numero uno della Giunta. Un replica del modus operandi che cagionò la caduta dell’allora sindaco di Roma Ignazio Marino è fattibile ma non piace molto a nessuno o quasi. La guerra del Pd contro il suo stesso cittadino su input di Matteo Renzi è una ferita la cui cicatrice non sanguina più ma è ancora ben visibile, non solo tra i Dem, perché di fatto si creò un precedente dall’impatto dirompente. Uno dei primi a opporsi a questo piano, che secondo i soliti ben informati, ha la mente di Matteo Salvini e il braccio di Sergio Pirozzi, che veniva dato per «stampella» sicura di Zingaretti, è infatti Stefano Parisi, il leader della coalizione di centrodestra. «Non mi faccio trascinare da Pirozzi, che rimane il miglior alleato del presidente - ha tuonato il candidato sconfitto per un soffio - Non si fa così politica, andremo prima in aula ad ascoltare le sue linee programmatiche». Anche Roberta Lombardi, capogruppo del Movimento 5 Stelle alla Pisana, non vede di... SE VUOI CONTINUARE A LEGGERE CLICCA QUI