INTITOLATA ALLA CONTESSA UCCISA ALL'OLGIATA

Errori giudiziari e cold case, nasce la Fondazione Alberica Filo della Torre

Manuel Fondato

Manfredi Mattei è il figlio di Alberica Filo della Torre. La contessa fu uccisa nella sua casa all'Olgiata il 10 luglio 1991. Come per il delitto di Simonetta Cesaroni, l’altro celebre caso di cronaca nera avvenuto l’anno prima, diversi errori investigativi e la carenza di strumenti scientifici oggi in possesso degli inquirenti impedirono all’epoca l’individuazione dell’assassino, il domestico filippino Manuel Winston che aveva prestato servizio in casa della nobildonna. Il caso dell'Olgiata fu risolto solamente nel 2011, grazie anche alla tenacia del marito della vittima, Pietro Mattei. La famiglia ha creato una Fondazione intitolata alla contessa, per fornire supporto in tutti gli ambiti che  riguardano gli errori giudiziari e aiutare lo sviluppo della scienza forense, fondamentale nella risoluzione dei cosiddetti cold case. Manfredi, la Fondazione che porta il nome di sua madre nasce dal più celebre cold case in Italia. Quali furono gli errori investigativi che impedirono di arrestare già nel 1991 Winston? "Il caso poteva essere risolto poco dopo, purtroppo fu gestito in modo molto approssimativo dai procuratori del tempo. C’era una bobina con delle intercettazioni  dove l’assassino parlava con un ricettatore e gli diceva che era in possesso di questa refurtiva, di queste bobine mi sembra che ne fossero state tradotte quattro o cinque su nove o undici ma neanche quelle tradotte furono completamente utilizzate in fase investigativa. Fu invece seguito più di gossip e quindi si cercò di costruire un caso dove non c’era un caso. Bisogna dare merito agli operatori della scientifica che gestirono i reperti del tempo, perché l’altra cosa emblematica fu l’analisi dei dati genetici. I materiali e i reperti infatti furono analizzati in modo approssimativo dai consulenti della Procura, poiché la Procura nomina dei consulenti per fare le analisi. Gli investigatori della scientifica ebbero l’accortezza di catalogare e mettere in fase di conservazione tutti i reperti con il concetto che un domani si sarebbero potuti utilizzare con nuove tecnologie e nuovi sistemi di investigazione. Questo fu il caso specifico poiché nel 2011, a distanza di vent’anni, grazie a questi reperti, il reparto investigazione dei Carabinieri riuscirono a tracciare su alcune macchie che non erano state analizzate e su altre macchie che erano state analizzate e da cui non si era potuta completamente trarre una base attendibile, il tipo del sangue del soggetto che aveva subito queste ferite durante una colluttazione. Questo è stato il cardine principale. I primi dati attendibili sul DNA risalgono al 1995-1997 quindi già da quegli anni si sarebbero potute utilizzare quelle prove per fare  delle indagini più approfondite". Pensa che l’assenza di questi strumenti abbia pregiudicato anche un’altra famosa indagine di quegli anni che è quella di via Poma? "Sicuramente la gestione delle indagini, è stata portata avanti in modo molto approssimativo e non sempre sono stati usati i sistemi più adeguati né un filo investigativo  trasparente e logico, cercando a mio parere più il riflettore e la ribalta che il lavoro vero e proprio dell’investigazione. Su questo influiva sicuramente il periodo storico, la prima metà degli anni ’90 è stato un periodo di grandi transizioni del Paese e quindi sicuramente ha influito in modo radicale sugli atteggiamenti e sui comportamenti. Se ne sono occupai inquirenti spesso con tempo e poco interesse, come nel caso del PM Maiorano che avendo gestito il caso per breve tempo non ha potuto mettere a fuoco quelli che erano i frutti dell’investigazione. E’ stata una combinazione di soggetti che erano poco accorti nella fase investigativa, soggetti che hanno cercato più la luce dei riflettori, soggetti che non hanno avuto il tempo fisico per portare avanti le indagini. Poi c’è stata la dottoressa Loi, che ha voluto riaprire il fascicolo sulle insistenze di mio padre, il dottor Pietro Mattei, che negli anni ha premuto molto sulla Procura affinché le indagini venissero gestite in un’altra maniera e ha potuto portare avanti la risoluzione delle indagini. Non nascondo che tutta la fase procedimentale e tutto il sostegno economico che c’è stato dietro è stato importante, cosa che probabilmente una famiglia normale non può sostenere, quindi anche tenere botta per un processo di vent’anni richiede risorse economiche importanti. Una nostra stima interna parla di quasi 1 milione di euro di costi sostenuti, direttamente e indirettamente". Avete chiesto un risarcimento? "Abbiamo chiesto un risarcimento, abbiamo fatto un’azione nei confronti del CSM e nei confronti dei periti della Procura, su cui in fase di procedimento civile è stato riconosciuto un risarcimento danni per 300.000 euro a favore della Fondazione. Mentre sul lato Procura si era chiesto di applicare sanzioni disciplinari ai PM che avevano agito in modo poco accorto e purtroppo, da una parte Martellino e dall’altra Ormanni, non seguivano più e non erano più membri del pool di Roma". Le tecniche investigative sono migliorate negli anni. Cosa pensa invece della stampa? La stampa è sempre la stessa del ’91 su questi casi di cronaca? È migliorata, è peggiorata? "La stampa sicuramente oggi è diventata più libera. Si riescono ad avere una quantità di punti di vista che prima erano inimmaginabili, sicuramente anche grazie alla diffusione della rete, delle testate indipendenti, dei blog. Questo ha pro e contro.  In quel periodo storico la stampa era molto faziosa, era un periodo di forte tensione politico-culturale e le notizie avevano dei canali di diffusione che erano diventati con il passare degli anni ’90 più focalizzati sull’eclatante che sul sostanziale, quindi si cercava più la notizia eclatante che la notizia sostanziale. Oggi la stampa è diventata a mio parere qualcosa di più investigativo e meno morboso che negli anni ’90, dimostrazione pratica e palese è anche il declino delle riviste di gossip che hanno perso appeal e la ricerca più delle informazioni tecniche, la gente vuole sapere come funzionano le cose. Oggi la stampa  racconta e spiega, più che dipingere e raffigurare come accadeva prima". Quali saranno le future iniziative della Fondazione? "A livello di iniziative, evidenzio l’evento di domenica 17 dove abbiamo presentato un organismo interno della Fondazione stessa che si chiamerà Ladies and Law, proposto e iniziato da un gruppo di avvocatesse che hanno sposato la causa della Fondazione e sono l’avvocatessa Alessandra Calabrò, l’avvocatessa Cristina Sparvieri, l’avvocatessa Chiara Lanfaloni e l’avvocatessa Desirèe Capobianchi. Su questo progetto vogliono far crescere una comunità che vada ad avvicinare le donne, che sono spesso vittime e il più delle volte non hanno la possibilità di poter usufruire di una consulenza su come agire con un’azione nei loro confronti, quindi come poter investigare un reato che subiscono, e avvicinare queste tematiche che sono abbastanza nuove, perché la scienza dell’investigazione forense è qualcosa di fresco  poiché in Italia si è iniziato a parlarne circa 10 anni fa. Se ne è iniziato a parlare negli Stati Uniti a metà degli anni ’90, quindi è una materia giovane. CSI come serie televisiva ha raccontato molto quello che è lo svolgimento di questo mondo ed è dei primi anni 2000. Detto questo, con l’anno nuovo presenteremo un nuovo accordo con un ente accademico per una serie di seminari sul tema degli errori giudiziari e sul tema dell’analisi sul dove sono nati quegli errori giudiziari, quindi non si va ad accusare nessuno per gli errori ma si va a cercare dove, perché e come potevano essere evitati. Vorremmo ricostituire il nostro accordo storico con la Fondazione Sapienza e poter portare avanti un percorso con loro". Il supporto alla scienza forense rimarrà centrale nelle vostre attività? "Sì, porteremo avanti il progetto con Roma 3; abbiamo previsto tre premi per il corso di specializzazione di investigazione forense o indagine forense. Saranno tre premi assegnati in base alla redazione di un elaborato da parte di soggetti meritevoli e verranno giudicati da una giuria composta dall’avvocato Giuseppe Marazzita, dalla dottoressa Baldi di Genoma e da un componente di Roma tre, che sarà probabilmente il direttore di dipartimento di Giurisprudenza".