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Così «muore» il cimitero degli artisti

Mancano i soldi e nel cuore di Testaccio regna l'incuria più totale Lapidi spaccate e illeggibili, erba alta dovunque. Appello ai privati

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Ecco la cultura mortificata della Capitale. Non c'è pace per i morti nemmeno al cimitero acattolico nel cuore di Testaccio. L'incuria è arrivata perfino al luogo sacro dei poeti e degli artisti inglesi all'ombra della Piramide, che accoglie oltre 4.000 tombe di uomini di ogni Paese, razza, lingua ed età accomunati dall'amore per Roma. Il fascino di uno degli «angoli dell'anima» più romantici e suggestivi della città che il mondo ci invidia non è più quello di un tempo. Si entra in via Caio Cestio, proprio davanti ad una delle strade diventate residenza degli abusivi a canoni stracciati svelate dall'inchiesta Affittopoli, assediati dalle scritte dei writers che pervadono le mura. Di fronte ad un altro cimitero storico, il Rome War Cemetery del Commonwealth, che regge bene, cartello d'entrata divelto permettendo. All'interno, nonostante la bellezza del posto, tra pini secolari, mirti e rose selvatiche, il degrado pervade i sentieri pieni di radici. Accedervi è un'impresa: aree pericolanti, transennate per nidi di vespe, lapidi distrutte, guglie in terra, percorsi dissestati, acqua stagnante, come quella dell'antica fontana a secco poco dopo la tomba di Gramsci. E sono molte, Keats e Shelley a parte, le tombe di nomi famosi in balìa dell'abbandono. La porta della magica cappella dove riposa lo scrittore di fiabe Andersen è retta da un pezzo di legno. Nella seconda area, una freccia indica la tomba del poeta danese Carsten Hauch. Peccato sia sporca e senza un fiore. Coperta di aghi di pini, anche lei senza fiori, quella dell'illustre architetto tedesco Gottfried Semper. «Vengono in tanti a visitarla. Il fango? Puliamo, ma alla prima pioggia bisogna ricominciare tutto da capo», dice un addetto. La tomba dello storico Ugo Balzani nera, inghiottita dalla vegetazione incolta, quella di Carlo Emilio Gadda, una volta una delle più belle, non è più curata, quella del pittore americano John Rollin Tilton non si riconosce più. E, ancora, Arnoldo Foà giace in terra in mezzo alla desolazione. Sperduto il professor Germani, noto sociologo: illeggibile la sua data di morte. Tra le sterpaglie, la poetessa francese Amelia Rosselli, così come lo scultore Hans Stoltenberg. Il punto è la carenza di risorse. Nonostante sia un luogo monumentale (il prossimo anno festeggerà pure 300 anni di sepolture ai piedi della Piramide con una mostra), il camposanto degli artisti non riceve alcuna sovvenzione pubblica. Si autofinanzia per intero: le sue entrate derivano in gran parte dalla concessione dei lotti per le poche tumulazioni che ancora hanno luogo e dal pagamento delle quote di manutenzione annuali versate dalle famiglie. Oltre che dagli sforzi dei molti volontari che si danno da fare. Sul sito, l'appello per possibili aiuti e contributi. Per non soccombere.

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