Case Inpdap riscattate con mutuo Indagati i vertici della banca

Da una parte il desiderio di una casa da parte di un gruppo di cittadini di Pomezia, dall’altra gli interessi di una grossa banca (la Popolare di Novara) che per non perdere il treno del business delle dismissioni del patrimonio immobiliare Inpdap fa (letteralmente) carte false pur di non lasciarsi sfuggire l’affare. Una storia di mutui bancari, tra tassi fissi agevolati promessi (e disattesi) e mutui variabili senza cap (spuntati fuori all’ultimo minuto e senza possibilità di essere scartati) che è finita col costare il rinvio a giudizio di Franco Zanetta (presidente del consiglio di amministrazione del colosso bancario piemontese), Domenico De Angelis (Ad dello stesso gruppo) e Francesco Imperadori e Luigi Altavilla, del gruppo «Essere», braccio operativo della banca in questa operazione dai tratti pirateschi. Tutto era iniziato nel 2006, quando l’Inpdap decide di dismettere parte del proprio immenso patrimonio immobiliare: un affare da milioni di euro che interessa anche i palazzoni di via Cincinnato a Pomezia, a due passi dalla Capitale. L’ente pubblico ha stabilito una serie di convenzioni con un paio di istituti di credito che garantiscono un mutuo a tasso fisso di poco superiore al 3 per cento: convenzione da cui resta però esclusa la banca popolare di Novara che però quei mutui (che per la particolare legislazione che riguarda la dismissione dei beni degli enti pubblici devono essere dismessi tutti nello stesso momento, pena la perdita dello sconto del 15% sul valore dell’immobile) non se li vuole proprio lasciare sfuggire. E così, alcuni funzionari della ìEssere”, avvicinano otto famiglie intenzionate all’acquisto della casa dove abitano da sempre, promettendo loro un mutuo ancora più vantaggioso rispetto alle ottime condizioni previste dal contratto. Sembra l’affare della vita, è invece l’inizio di un percorso infernale che, a distanza di otto anni non si è ancora concluso. Dopo avere convinto gli otto inquilini (tutti difesi dagli avvocati Daniela e Ida Nazzaro) ad accettare le condizioni della Popolare di Novara infatti, la banca, bypassa tutta la trafila burocratica: non spiega le reali condizioni del finanziamento agli ignari clienti e, nel giorno previsto per la firma del rogito presenta i contratti con le condizioni diverse (condizioni decisamente pesanti per gli acquirenti che non solo non hanno ottenuto le agevolazioni previste, ma si sono ritrovati con un mutuo a tasso variabile senza alcun tetto previsto). A quel punto però gli otto inquilini (le cui firme sugli atti propedeutici alla stipula del mutuo sono state falsificate dalla banca come dimostrato dalla perizia finita nel procedimento civile) non possono tirarsi indietro visto che, il loro diniego avrebbe costretto il resto degli inquilini del palazzone a perdere l’ulteriore sconto del 15% previsto per queste dismissioni.