Per affittare il bar ora serve il timbro del notaio

Si complica la vita dei piccoli imprenditori romani che da oggi vorranno cedere o affittare la propria azienda. Che si tratti di un bar, di un ristorante o di un negozio, occorrerà andare dal notaio per farsi autenticare l’atto. Pratica che non costerà meno di mille euro, che rallenterà tempi per aprire o cedere un’attività ma che, sopratutto, finora era stata esclusa per le piccole e medie imprese. Alla faccia della tanto sbandierata sburocratizzazione. A decidere il cambio di passo è l’Avvocatura del Comune di Roma che, rispondendo alla richiesta di un parere del Dipartimento Sviluppo Economico e Attività Produttive, ha stabilito la forma dell’atto pubblico o della scrittura privata autenticata per tutti i contratti di cessione o di affitto di azienda in capo a grandi o piccole imprese. Questo obbligo viene sancito dall’articolo 2556 del codice civile ma fino a questo momento era stata interpretato, dalla stessa Avvocatura, in un precedente parere di qualche tempo fa, come vincolante solo per le grandi imprese, escludendo quindi piccoli imprenditori, imprenditori agricoli e società semplici, ai quali non si chiedeva per la stesura del contratto alcuna scrittura privata autenticata né tantomeno un atto pubblico. «Non si riescono a capire ora le ragioni di una simile scelta da parte dell'Avvocatura – commenta Augusto Monti, segretario romano dell’Assobar, che ha lanciato per primo l’allarme sulle conseguenze negative per le imprese – adesso ci sarà un aggravio di costi per le aziende, lo voglio ricordare, già in estrema difficoltà per colpa della crisi e si complicherà una procedura che già adesso non è esente da trappole legislative e lungaggini di vario genere». Qualche cifra per rendere meglio l’idea. «Il tessuto produttivo romano è formato per l'80-90 per cento di piccole e medie imprese – continua Monti – significa che questo parere dell’Avvocatura interesserà una platea di migliaia di mini aziende a conduzione familiare o con un massimo di due, tre dipendenti. La pratica richiesta dall'Avvocatura ha un costo che si aggira intono ai mille euro. Soldi che pesano sui bilanci di attività già in crisi». Già, ma il cambio di rotta dell’Avvocatura ha già prodotto qualche risultato? L’Assobar denuncia che almeno una trentina di contratti di affitto o di cessione di aziende dei suoi associati sarebbero stati dichiarati dai Municipi non validi per mancanza della firma del notaio. Fatto peraltro unico in Italia, denuncia ancora il segretario di Assobar, visto che in altre città, ad esempio Milano, interpretano in modo diverso l’articolo del codice ed esonerano le piccole imprese dal fare autenticare i contratti. L’Avvocatura, a supporto della sua tesi, cita un parere del Ministero della Giustizia, che va nella stesse direzione, e un altro del Consiglio Nazionale del Notoriato che parla di forma scritta dei contratti alla quale deve aggiungersi quella autentica per tutti gli imprenditori «anche quelli non soggetti a registrazione». Dunque? Assobar chiede che l’Avvocatura faccia al più presto un passo indietro e si torni a come era prima. «Vorrei che si riflettesse sul fatto che questo parere non va nella giusta direzione di semplificare e aiutare le imprese», chiosa Monti.