Caldarroste proibite. Ma soltanto sulla carta

Se vi dovesse venir voglia, passeggiando per le strade di Roma, di comprare un cestino di castagne, sappiate che chi le vende è un abusivo. Dal primo aprile, secondo una disposizione del I Municipio della capitale, i venditori di caldarroste sparsi per la città avrebbero dovuto interrompere il loro lavoro. E invece, molti, sono ancora lì. Come se nulla fosse. Il commercio «on the road» delle castagne è da sempre una attività caratteristica della capitale, nonché molto lucrosa visti i prezzi altissimi dei sacchetti. Soprattutto in centro, è facile, camminando, sentire gli effluvi del buon frutto autunnale e trovare agli angoli delle vie piccoli fornelli fumanti. A novembre scorso il I Municipio aveva anche messo in rete, sul sito del Comune, un dettagliato censimento di tutti venditori (per svolgere l’attività è necessaria una licenza) che costellano la città: «Per valorizzare il commercio tipico delle castagne per strada - si leggeva sulla pagina web di Roma Capitale - garantendo il decoro e il rispetto della legalità, il Municipio Roma I pubblica l’elenco completo delle postazioni dedicate ai prodotti stagionali invernali e autunnali. Il periodo consentito per la vendita è iniziato il primo ottobre e si chiuderà il 31 marzo». La mappa è stata realizzata per zone. C’è la zona 1 che riguarda gli accessi al Vaticano, zona 2 Piazza Navona, zona 3 la direttrice Corso – Spagna (la più ricca di fornelli) e infine zona 4 la stazione Termini e dintorni. Nonostante l’indicazione di un termine massimo per vendere, il commercio continua tranquillamente. Proseguono la loro attività all’inizio di via dei Condotti, a Largo Goldoni, ce ne è uno alla fine di Via Frattina, uno in vicolo del Bottino (Piazza di Spagna) e uno in via della Croce verso via del Corso. Ma non è finita. Ci sono anche i doppi abusivi, quelli che oltre a non rispettare il termine non sono stati censiti e quindi, presumibilmente, sono senza licenza. Uno è in via in Lucina e l’altro su via dei Fori Imperiali, un fruttivendolo che cerca di nascondere il «frutto proibito» con arance e caschi di banane. L’aspetto curioso è che spesso vicino ai fornelli si trovano uomini della polizia municipale inoperosi o forse, e sarebbe peggio, ignari di quello che accade. Sempre sulla pagina del Comune si legge: «I dati pubblicati comprendono, tra l’altro, le generalità dei titolari, l’esatta ubicazione delle postazioni e la scansione delle piantine - ove disponibili - che fanno parte dell’autorizzazione rilasciata. Con questo sistema ognuno potrà verificare, in tempo reale anche da casa, gli arredi autorizzati e il posizionamento esatto dell’operatore». Generalità dei titolari quindi. La famiglia di caldarrostai più «influente» sul territorio è sicuramente quella dei Tredicine, abruzzesi di origine che vantano oltre 18 autorizzazioni. Il fornello più redditizio (inizio via dei Condotti verso la scalinata di Trinità dei Monti) rimasto abusivamente in attività, risulta intestato, caso strano, a Tredicine Tania Donatella. Insomma un vero e proprio monopolio delle caldarroste. Intanto la pagina web del Comune contenente le disposizioni è sparita misteriosamente proprio il primo aprile. Forse è eccessiva malizia, ma sembra quasi che l’amministrazione si sia voluto sbarazzare velocemente di una vicenda troppo spinosa da gestire.