A Psichiatria 23 malati per 13 letti

Questele parole con cui il dottor Giorgio Guerani, responsabile dal 1995 del reparto Psichiatria del Giovan Battista Grassi, sintetizza lo stato in cui versa uno dei più delicati settori del nosocomio lidense. Atteggiamento da medico di frontiera per un lavoro all'ombra del Colosseo. I nemici sono dichiarati: burocrazia, tagli e strutture inadeguate. Diciannove degenti per una disponibilità di tredici posti si traduce in sei pazienti sistemati in corsia, senza riscaldamenti né prese elettriche, senza l'attacco a parete per l'ossigeno né un comodino dove riporre gli effetti personali. E qui, nonostante l'impegno profuso dai sette medici e dai diciotto infermieri assegnati al reparto, è difficile trovare anche un po' di privacy. Uomini e donne insieme, senza divisori, condividono spazi e tempo. E poi ci sono le carenze di personale. Nemmeno un assistente sociale, nessun tecnico per la riabilitazione. Psichiatria del Grassi è anche, attualmente, tra i reparti più multietnici degli ospedali romani. Vi sono ricoverati una donna brasiliana (dimettibile ma senza un posto dove andare), una romena, una serba e un uomo di nazionalità curda rifugiato politico, con il quale, a causa della lingua, oltre ai problemi nelle terapie si aggiungono le difficoltà di comunicazione. «Continuiamo a dimettere, ma tra le ospedalizzazioni volontarie e quelle a seguito di ordinanze (Trattamenti Sanitari Obbligatori), siamo costantemente in sovrannumero – dice il primario Giorgio Guerani - Per la psichiatria il ricovero può avvenire solo presso l'ospedale di appartenenza. La legge prevede che i reparti debbano garantire un posto ogni diecimila abitanti nel bacino d'utenza territoriale. Dovremmo quindi averne almeno il doppio». Ma anche mandare la gente a casa non è facile. «Le dimissioni necessitano di un grado di certezza che va oltre i protocolli – spiega Guerani – Abbiamo delle responsabilità». Nonostante tutto lo staff si adopera al massimo. Due volte al mese proiezioni di film, la domenica partita di calcio su maxi-schermo. E poi musica, teatro e ginnastica. Perché dedizione e cuore vanno oltre i doveri. Massimiliano Vitelli