Affittopoli Ater, deciderà Alemanno

I dati sull'indagine interna condotta dall'Ater Roma sullo scandalo «affittopoli» verranno ufficializzati la settimana prossima. Sotto i riflettori, ricordiamo, c'era finito il marito della presidente Polverini, la famiglia del quale è titolare da anni in una casa di proprietà dell'Ater ma che, secondo quanto emerso, non ha più i requisiti di reddito necessari per esercitare il diritto all'alloggio (e soprattutto all'affitto) popolare. «Secondo quanto ci risulta - dice l'assessore regionale alla Casa, Teodoro Buontempo - ci sarebbero circa 27 casi simili. Una volta accertati notificheremo a questi inquilini la perdita del diritto alla casa. Trascorsi i 30 giorni previsti dalla legge per presentare eventuali opposizioni, l'Ater trasmetterà gli atti al Comune di Roma. Spetta infatti al Comune procedere alla liberazione dell'alloggio e alla sua eventuale riassegnazione». In altre parole, toccherà ad Alemanno «sfrattare» la Polverini. Un segno premonitore? Chissà. Fatto sta che la normativa prevede che la proprietà delle case popolari sia dell'Ater ma l'assegnazione degli alloggi spetti ai comuni di pertinenza. Una legge che va cambiata. Al di là dell'inchiesta sugli affitti e sulle vendite facili del patrimonio immobiliare pubblico, sia dell'Ater, del Comune o degli istituti di beneficenza, lo scandalo è servito ad accendere i riflettori su una legge che va rivista da cima a fondo. «A partire dai prezzi di vendita del patrimonio Ater - sottolinea Buontempo - non è possibile che i prezzi di acquisto siano fermi al 1994. Ovviamente per quanto riguarda i due vecchi piani di vendita non possiamo fare altro che procedere al rogito e fissare comunque un termine ultimativo per chiudere la procedure. Non possiamo aspettare altri dieci anni. Per quanto riguarda invece il nuovo piano vendita si dovrà tener conto del reddito, nel caso questo sia superiore a quello previsto per il diritto all'alloggio, l'inquilino dovrà pagare l'affitto di mercato. La stessa cosa per le vendite». Quella che ha in mente l'esponente de La Destra è una vera e propria riforma delle Ater. E di questo si parlerà nella due giorni di lavoro che presto indirà Buontempo con tutti i dirigenti e i responsabili delle cinque Ater del Lazio e del suo dipartimento. «Saranno due giorni di confronto e di lavoro - spiega l'assessore - dai quali spero esca una proposta unitaria per riformare le aziende territoriali di edilizia residenziale. Una delle cose di cui si discuterà è quella sull'opportunità di cancellare dalle graduatorie chi rifiuta una casa popolare. Oggi avviene, ad esempio, che un assegnatario rinunci a un alloggio perché non di suo gradimento, magari non le piace il colore delle pareti o l'affaccio. Ecco in questi casi io propongo di far uscire queste persone dalla lista degli assegnatari, stiamo parlando infatti di patrimonio pubblico e non di un menù al ristorante». Una riforma epocale quella che vuole mettere in campo Buontempo, con il più ampio consenso possibile. «Spero che dopo questi due giorni di studio e lavoro esca una proposta organica che porterò in giunta - continua - ma che dovrà essere oggetto di dibattito e confronto con tutte le forze politiche». Una riforma che, ricordiamo, potrebbe comportare anche la riduzione del numero dei componenti dei consigli di amministrazione, oggi fissato a sette. Ma almeno su questo punto l'assessore de La Destra dovrà aspettare il «prossimo turno». Il rinnovo dei cda delle Ater del Lazio è infatti incluso nella delibera delle 138 nomine ferma da tempo in consiglio regionale. Uno «stallo» tutto politico che riguarda però più nomi e quote di partito che il numero dei componenti. «Resto comunque della convinzione che occorrerà ridurre il numero dei consiglieri di amministrazione - insiste l'assessore - non è possibile che ci si impieghino anche 20 giorni per decidere se l'ascensore va messo nella palazzina A o nella palazzina B». Al di là della riorganizzazione della gestione del patrimonio comunale e regionale, a far riflettere è il dato tutto politico dello scandalo che ha tenuto banco per giorni e che ha fatto tremare la poltrona più alta della Regione. Ma se qui la quadra è stata trovata, è pur vero che la patata bollente passa ora nelle mani del sindaco Alemanno. Sarà infatti il Campidoglio a dover procedere all'eventuale sgombero della casa da parte del marito della governatrice. Un altro, complicato nodo da sciogliere nei già delicatissimi rapporti tra il sindaco capitolino e la presidente del Lazio.