I romani non si fidano del sistema d'estrazione

Colpallino del miracolo perché «non succede, ma se succede...». Con le tasche ancora piene delle vecchie giocate. E una monetina pronta per comprare l'ennesimo biglietto. Ma anche meno illuso. Poco attento all'ora d'estrazione. E abituato alle vincite iperboliche. È il «nuovo» giocatore romano del Superenalotto. Raccontato da chi lo guarda dall'altra parte del bancone e prende le giocate. Nelle ricevitorie, dal centro storico a Monteverde, dal Tuscolano a Prati, dall'Eur all'Appia, si scorge il profilo dello scommettitore capitolino. Una cosa è certa. Il Superenalotto non rilascia più l'adrenalina di una volta. «La gente gioca per abitudine - raccontano ai punti Sisal, dove i proprietari preferiscono l'anonimato per non entrare in polemica coi gestori dei concorsi - perché ormai le cifre grosse non fanno più paura». «Mi ricordo - racconta il ragazzo mentre stampa la schedina - che prima di quest'ultimo jackpot vinto c'era la fila di fuori. Appunto, è un ricordo». Insomma, il brivido non è più quello di una volta. E allo stesso tempo investire qualche soldo in cerca di fortuna è diventato un gesto naturale. Anche il famoso «sistemone» non esiste più. «Giocano tutti due euro. Solo due euro. Quelli che rischiano 50 o fanno grupponi per maxi-giocate si sono estinti». Ma perché tanta disaffezione al Superenalotto? «È il metodo di estrazione che non piace alla gente», spiega l'omino alla ricevitoria. Prima era legato all'estrazione sulle ruote del Lotto, adesso c'è un'estrazione a parte che si può vedere solo sulla tv della Sisal: «E la gente si chiede se questo è un metodo trasparente. L'opinione generale è che quelli si riprendono i soldi». C'è poi un altro dubbio che stuzzica i giocatori: «Le giocate si possono effettuare entro le 19.30. L'estrazione c'è invece alle 20.15. La gente si chiede: "In quest'arco di tempo che succede?". E si risponde: "Essendo tutto computerizzato i cervelloni fanno presto a vedere qual è la combinazione che nessuno ha giocato"». La sfiducia nel modello di estrazione, l'abitudine a vincite elevate e la presenza di giochi alternativi porta così il romano a tentare la fortuna con meno partecipazione. Si prova il colpaccio, ma con disinvoltura. «Il giocatore romano incallito - spiegano dalla ricevitoria - è molto più attratto dai Gratta e Vinci. Sente di sfidare il fato, non un computer. Poi da quando questi bigliettini danno rendite mensili per vent'anni non ne parliamo. Altro che Superenalotto. I romani sono sognatori mica fessi».