Pd romano senza bussola I bersaniani si fanno in tre

Tutti pronti (si fa per dire) per eleggere il nuovo segretario romano del Pd. I candidati, almeno per ora, sono tre: Marco Miccoli, Fabrizio Panecaldo ed Eugenio Patanè. E già questo dà l'idea della confusione: tutti e tre sono di area bersaniana. Ma l'accordo non c'è e dunque via all'ennessimo scontro che, dalle parti del centrosinistra, continuano a chiamare «dialettica». Anche se potrebbe apparire stravagante che i fedelissimi del segretario del partito, Bersani, puntino su un candidato (l'ex coordinatore romano Miccoli) mentre quelli del vicesegretario Letta ne presentino un altro (il vicecapogruppo in Campidoglio Panecaldo). Ma guai a non fare i conti con quelli che non vogliono morire Ds. Dunque gli esponenti vicini al consigliere regionale Mario Di Carlo giocano la carta dell'ex consigliere comunale Patanè. Ovviamente non c'è stato alcun confronto per arrivare a una soluzione condivisa, come è successo invece per il capogruppo a Palazzo Valentini Daniele Leodori, destinato a diventare coordinatore provinciale. In quel caso si è riunito un «tavolo» specifico che ha dato il via libera. Ma sulla segreteria romana non c'è stato niente da fare. Dunque in campo ci sono tre candidati. Il favorito resta Miccoli ma i giochi non sono molto chiari. I veltroniani, infatti, finiranno per spaccarsi tra l'ex coordinatore romano e Patanè. Sempre che non si raggiunga un'intesa. I fedelissimi di Letta, infatti, potrebbero alla fine ricucire lo strappo. Le trattative sarebbero portate avanti dal consigliere regionale Marco Di Stefano. Quindi nei prossimi giorni ci saranno riunioni per tentare di sciogliere la matassa. Ma lo scenario sembra piuttosto complesso. Nel Lazio, invece, la situazione resta bloccata, con il commissario Vannino Chiti che sta cercando di riportare la normalità. Di eleggere un coordinatore se ne parlerà non prima dell'anno nuovo. Anche se tanti già ipotizzano una competizione tra il deputato Enrico Gasbarra e il capodelegazione al Parlamento europeo David Sassoli. Si sa, al Pd piacciono i contrasti.