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È arrivata ieri pomeriggio in treno da Milano con il tricolore nella borsa, il cimelio del nonno, Pasquale Eustachio Ciampaglia, bersagliere, nato a Rivisondoli nel 1844, che il 20 settembre 1870 partecipò alla breccia di Porta Pia

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«Hosentito a Radio 24 che il direttore del Museo del Risorgimento Marco Pizzo invitava all'inaugurazione della mostra "L'idea di Roma" al Vittoriano gli ascoltatori possessori di cimeli e ricordi dell'evento che diede il via a Roma Capitale». Quale fu il contributo di suo nonno all'impresa? «Successe che a fine battaglia il generale Cadorna chiese che un soldato volontario si facesse avanti per piantare la bandiera italiana nella zona della breccia. Nessuno aveva il coraggio di farlo. C'era stato un aspro conflitto con morti e feriti. E infatti il generale fu costretto a ripetere la richiesta due, tre volte. Fu allora che si fece avanti mio nonno. Andò proprio lui». C'è una prova che certifica quello che lei racconta? «Sì, mio nonno percepì un vitalizio più alto proprio per questo merito». Tra i cimeli (la mostra del Vittoriano si può visitare dalle 9.30-18.30, chiuderà il 21 novembre, entrata gratuita) prestati dai discendenti per l'allestimento romano c'è il diario del sottotenente (che poi divenne generale) Federico Cocito di Torino. Lo ha portato il bisnipote Mauro. «Il mio bisnonno in questo diario annotava tutti gli avvenimenti. Sappiamo così che il fatidico giorno si era alzato all'alba e che verso le cinque dopo il completamento del presidio intorno alle mura Aureliane cominciò la battaglia. Morirono 50 bersaglieri e 16 papalini. Verso le dieci fu aperta la breccia e venne issata la bandiera italiana (dal soldato Ciampaglia n.d.r.). Il primo ad attraversare il varco fu il sottotenente Federico Cocito, il mio bisnonno». Per l'impresa venne decorato con la medaglia d'argento al valor militare. In bacheca c'è anche quella, con il diploma di conferimento. «Sono cimeli di famiglia che ci tramandiamo da padre in figlio - spiega Mauro - e finora ci è andata bene perchè siamo stati sempre figli unici. Ora si pone il problema perché ho due figlie femmine!». Tra i ricordi della presa di Porta Pia non poteva mancare la controparte: un'intera sezione dedicata al cardinal Giacomo Antonelli che fu Segretario di Stato e cioè «numero due» della Chiesa per 28 anni di seguito. Il contributo è stato prestato dal pronipote conte Andrea Marini di Subiaco. C'è un bellissimo piatto di famiglia, alcune foto del cardinale e anche una medaglia con lo stemma di famiglia cioè una sirena. «Il mio prozio fu al centro di una politica denigratoria da parte dello Stato italiano. Anche per via di questa sirena! Lo dipingevano come un ammaliatore, un seduttore di donne. Non c'è niente di male perché fu l'ultimo cardinale diacono». Nelle foto si intravede anche l'anello con lo smeraldo che gli regalò Pio IX. «Il mio prozio collezionava pietre preziose - ricorda Marini - Mia nonna Maria Antonietta Pace ricordava che a palazzo giocavano a tombola con le pietre preziose». Marini ha anche portato un raro blocco di passaporti dello Stato pontificio. E mentre sottolinea l'influenza decisiva del suo avo sugli assetti di Roma Capitale si accarezza la cravatta nera a putini bianchi. «La metto solamente una volta all'anno, il 20 settembre in segno di lutto, in memoria di coloro che diedero la vita per difendere il Papa».

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