Il riesame lascia in cella il maresciallo Testini

Resta in carcere Nicola Testini, il carabiniere già coinvolto nell'inchiesta sul presunto ricatto ordito ai danni di Piero Marrazzo e accusato anche dell' omicidio di Gianguarino Cafasso, il pusher dei viados di via Gradoli. Lo ha deciso il Tribunale del Riesame presieduto da Anna Criscuolo. Testini, tramite i suoi legali, Valerio Spigarelli e Marina Lo Faro, aveva impugnato l'ordinanza di custodia cautelare emessa dalla magistratura per l'omicidio di Capasso. Testini ha respinto l'accusa, ma la procura di Roma ritiene invece che a provocare la morte dello spacciatore per overdose di eroina mascherata da cocaina sia stato lo stupefacente cedutogli dal carabiniere. Dopo l'udienza tenutasi ieri in Tribunale, Testini si è recato nell'ufficio del procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo per essere interrogato anche alla presenza del sostituto Rodolfo Sabelli, ma si è avvalso della facoltà di non rispondere. Non è escluso a questo punto che i difensori dell'indagato decidano di ricorrere per Cassazione contro l'ordinanza emessa ieri dal Tribunale del Riesame. Gianguarino Cafasso non è morto di overdose, ma perché era cardiopatico e il decesso è avvenuto 7-8 ore dopo l'assunzione della sostanza stupefacente. Era stata questa la tesi presentata al Riesame dagli avvocati Valerio Spigarelli e Marina Lo Faro per motivare la richiesta di scarcerazione del maresciallo Nicola Testini, accusato della morte del pusher avvenuta il 12 settembre del 2009 in una stanza d'albergo sualla via Salaria. «In base alla consulenza che abbiamo depositato, effettuata dal medico Costantino Ciaolella, Gianguerino Cafasso non muore per overdose di eroina ma, alla luce delle sue condizioni fisiche, poteva morire in qualsiasi momento». Secondo quanto si afferma nella consulenza, inoltre, Cafasso non «è morto - come avevano detto i legali - subito dopo l'assunzione della sostanza stupefacente ma circa 7-8 ore dopo. La sua compagna, la transessuale Jennifer, quando chiede l'intervento del 118 afferma all'operatore che il suo compagno ha le labbra cianotiche: questo indica che l'uomo era ancora vivo. Un elemento che ci viene confermato, inoltre, dal fatto che il corpo di Cafasso presentava gli alveoli polmonari compressi, segno che il personale del 118 ha effettuato le manovre di rianimazione».