Stefano Cucchi poteva essere salvato

Stefano Cucchi poteva essere salvato. È quanto hanno stabilito le analisi condotte dal pool di esperti guidati dal direttore di medicina legale dell'università La Sapienza, Paolo Arbarello sul giovane arrestato il 15 ottobre scorso e morto dopo una settimana di detenzione. In una conferenza stampa il professore ha annunciato le conclusioni consegnate alla procura di Roma: Stefano Cucchi non è morto per disidratazione - ha spiegato smentendo i risultati della commissione guidata da Ignazio Marino - perchè quando è morto aveva la vescica piena e il giorno prima aveva bevuto 3 bicchieri di acqua. Dunque, non è questa la causa della morte. Così come non hanno causato la morte le lesioni vertebrali, una antica e l'altra recente, tipiche di una caduta da seduto, che ha coinvolto il coccige. Queste lesioni, comunque, non erano in grado di provocare la morte. Che è stata invece provocata da "carenze assistenziali" in ambito terapeutico. CURE SBAGLIATE E CARENTI - "Abbiamo registrato - ha detto Arbarello - omissioni e negligenze nelle terapie. Un paziente in quelle condizioni doveva innanzitutto essere trasferito in un reparto adeguato, ma andava anche trattato diversamente da quanto è stato fatto".  Stefano Cucchi, al momento del ricovero nel reparto detentivo dell'ospedale Sandro Pertini aveva numerose patologie: il battito del cuore lento, lentissimo, 42 battiti al minuto, era magro, aveva delle disfunzioni ipoglicemiche, problemi di funzionalità epatica e squilibrio elettrolitico. "La terapia - ha aggiunto Arbarello - doveva essere diversa. Dunque non è stato curato bene, non è stata colta la gravità della sua condizione". "Stefano Cucchi è morto - ha ribadito Arbarello - perchè è stato omesso per negligenza un piano terapeutico. In pratica non ci sono state terapie che avrebbero potuto scongiurarne la morte. Con una diversa terapia sarebbe stato salvato".