La presa di Romavista da CasaPound

Una sera a CasaPound, un tuffo nella cultura che non sta a sinistra. Una porta che si apre in un quartiere umbertino travisato dagli occhi a mandorla e che reclama rispetto e identità. La tradizione sì, ma non serve guardarsi indietro semplicemente per giustificare errori di altri. Che a volte si chiamano giunte, altre volte sindaci o consiglieri. Il credo dei giovani di quella Casa è l'ideale puro applicato alla vita di tutti i giorni, la capacità di criticare ma anche di confrontarsi. Un giovane ama guardare avanti, pensare al proprio futuro nella sua città, cercare di contribuire a migliorarla, affermare valori figli di diritti naturali. Concetti espressi dal vice-presidente di CasaPound, Andrea Antonini, che ha moderato il dibattito sul libro «La presa di Roma», scritto da un giovane giornalista, Claudio Cerasa, che ha voluto fotografare il cambio di colore della città, cercando di dipingere il volto di quelli che chiama i «nuovi padroni» fino ad arrivare alla descrizione dell'«irresistibile ascesa di Lupomanno, l'ultimo Delfino». Ovvero del sindaco Gianni Alemanno. La cultura è confronto e a CasaPound, uno dei primi centri sociali italiani di destra (ispirato al poeta americano Ezra Pound), lo è in modo particolare perché la schiettezza è un codice d'onore e l'ideologia è ancora legata a un reale progetto.  Quindi, massima apertura verso l'autore del libro, a tratti palesemente ed eufemisticamente «progressista», ma anche motivi di contestazione a partire dal fatto che in qualche modo l'autore tradisca una certa prevenzione verso quel tipo di cultura, scivolando nella descrizione di CasaPound sulla deriva dell'obsoleta, seppur velata, accusa di violenza. Dimenticando i valori reali di una bella storia romana di gioventù impegnata su temi sociali e culturali, dal giorno dell'occupazione di quell'edificio all'Esquilino, al civico 8 di via Napoleone III. E, par condicio docet, non sono mancate critiche al consigliere comunale Ugo Cassone (che pure proviene dal Fronte della Gioventù) e motivi di chiarimento all'ospite, il direttore de Il Tempo, Mario Sechi. In platea, tra i tanti intervenuti, Gabriele Adinolfi, ideologo e storico dei nuovi movimenti della destra, nonché fondatore di Terza Posizione. Anche da lui sono arrivate puntualizzazioni sulla politica comunale con un paio di avvertimenti: la discontinuità, cavallo di battaglia delle vittoriosa campagna di Alemanno, è a rischio; i 180.000 voti che hanno spostato gli equilibri in città sono stati recuperati dalla sinistra europea. Alla fine, il ruolo di moderatore è toccato proprio al direttore del nostro giornale che ha ricondotto la discussione su terreni molto più chiari e percorribili, assolutamente lontani dai toni «cospirazionisti» che hanno echeggiato più volte nel libro di Cerasa. Partendo dal presupposto che la vittoria di Alemanno sia stata sottovalutata dalla sinistra, gravemente sconfitta anche dalla prezunzione di candidare Rutelli. Alemanno è in grado di condurre il suo mandato anche se un rimpasto nella sua squadra non guasterebbe. Resta il fatto che governare Roma sia motivo di grande impegno e di grande orgoglio visto che la città rappresenta il vero polmone finanziario d'Italia, con gruppi quali Mediobanca, Bnl e Unicredit.