Ultimo addio al Casilino 900

Si chiama «Casilino» ed è nato solo pochi giorni fa. È l'ultimo bambino a vedere la luce al Casilino 900, il primo e più grande insediamento rom della Capitale. Oggi infatti verranno abbattute le ultime baracche e apposti i sigilli a una delle più profonde ferite sociali della città. Ad annunciarlo, con una vena di ironia, lo stesso Alemanno: «Abbiamo sentito per tanti anni il buonismo di Veltroni, che diceva che dovevamo accogliere tutti, che dovevamo fare la politica del "volemose bene" universale. Io sono molto meno buono di Walter Veltroni, ma sono stato il primo sindaco di questa città che ha messo piede al Casilino 900 e ha risolto questo problema». Era il 24 gennaio del 2009, quando Alemanno entrò al Casilino 900. La pioggia aveva trasformato i viottoli in fango. Le baracche si distribuivano in salita, sfruttando non solo la larghezza ma anche la pendenza della piccola collina dove, tra la via Casilina e viale Palmiro Togliatti, era nato quarant'anni fa il primo campo rom della Capitale. Poco è cambiato da allora. L'insediamento è cresciuto a dismisura (arrivato fino a mille nomadi), le baracche sempre più numerose hanno "aggredito" la piccola collina, intorno fango e rifiuti dove i bambini passavano il tempo. «Non nascondo che in molti ci siamo commossi in questi giorni - racconta il portavoce del campo Azdovic -. In questo campo, abbiamo calcolato, sono nati quasi 15 mila bambini: per molti, come per me che sono qui dal 1993, Casilino rappresenta una parte importante della nostra esistenza». L'ultimo gruppo di abitanti verrà trasferito al campo attrezzato di via di Salone. «La Croce Rossa troverà una sistemazione anche per Carmine - rassicura Azdovic - un italiano che vive qui da quasi 40 anni». Acqua calda, luce e un tetto vero sulla testa. Un sogno soprattutto per gli oltre duecento bambini di Casilino 900, che si realizza oggi con i sigilli al campo dove sono nati ma dove non cresceranno.