Benedetto XVI è tornato ancora una volta, nel giro di pochi mesi, a strigliare la sua Chiesa e ad evocare pericoli che possono stravolgerne la missione e l'identità.

Paroledure quelle pronunciate dal Pontefice davanti a migliaia di fedeli, confraternite, vescovi, cardinali, sacerdoti e suore. Non nuove però. Nell'Angelus di due settimane fa, aveva ricordato a credenti e non credenti che la Chiesa non può essere ridotta ad «una agenzia umanitaria» o a «una solida e complessa istituzione sociale», o, ancora, ad un movimento storico. Andando poco più indietro nel tempo, nella sua lettera ai vescovi del mondo, scritta lo scorso 11 marzo nel momento più buio della crisi interna e internazionale dopo la revoca della scomunica ai lefebvriani, aveva preso a prestito le immagini di San Paolo, denunciando come anche nella Chiesa di oggi «ci si morde e ci si divora a vicenda, come espressione di una libertà male intesa». Un concetto che il Pontefice tedesco aveva già espresso, in maniera più sfumata, durante una visita in febbraio al Seminario maggiore di Roma. Ieri sera Benedetto XVI ha puntato la sua attenzione sulla secolarizzazione, un fenomeno che non può essere considerato estraneo alla Chiesa e che non rimane fuori dalle basiliche e dalle parrocchie: ma anzi ci entra in modo strisciante, come un serpente, e minaccia di minare le fondamenta della vita cristiana nel suo profondo, nel senso stesso della fede. Il Pontefice ha spiegato che nella festività del Corpus Domini la Chiesa rinnova la fede nella «reale presenza di Cristo nell'Eucarestia». «Non bisogna - ha però ammonito Ratzinger - dare per scontata questa fede! C'è oggi il rischio di una secolarizzazione strisciante anche all'interno della Chiesa, che può tradursi in un culto eucaristico formale e vuoto, in celebrazioni prive di quella partecipazione del cuore che si esprime in venerazione e rispetto per la liturgia». «È sempre forte - ha avvertito il Papa - la tentazione di ridurre la preghiera a momenti superficiali e frettolosi, lasciandosi sopraffare dalle attività e dalle preoccupazioni terrene». Un ragionamento rivolto in particolare ai molti preti presenti che, a partire dalla prossima settimana, festeggeranno l'anno sacerdotale, indetto da Benedetto XVI in onore del Santo Curato d'Ars. «Ringrazio il Santo Padre, Benedetto XVI per le parole rivolte alla Roma che conta di più per noi: quella del disagio, della sofferenza, della povertà e dell'emarginazione. È la città che questa Ammnistrazione vuole sostenere ed accompagnare in un percorso serio e concreto di vera speranza. Per questo le sue parole sono un sostegno indispensabile per quanti come noi si impegnano a fianco degli ultimi e di chi è in difficoltà». Questo il commento del sindaco della Capitale Gianni Alemanno sul discorso pronunciato da Papa Benedetto XVI. «La nostra città, come sottolineato dal Pontefice, è caratterizzata da una pluralità di culture e di esperienze diverse - conclude Alemanno - che credo siano il valore aggiunto di Roma per rilanciare il suo ruolo di capitale della pace, della vita e della solidarietà».