Dimenticati i grandi olimpionici

Mapoiché sono scritti sui libri di storia dello sport, è facile recuperarli. Elenchiamo. Sulla prima lastra, insieme con la motivazione: Giulio Gaudini, Gioacchino Guaragna, Gustavo Marzi, Giorgio Bocchino, Manlio Di Rosa, Ciro Verratti. Sulla seconda: Giancarlo Brusati, Giancarlo Cornaggia-Medici, Edoardo Mangiarotti, Alfredo Pezzana, Saverio Ragno, Franco Riccardi. Unico superstite dei dodici, Mangiarotti, che ha festeggiato giorni addietro a Milano i suoi magnifici novanta anni, il più giovane fra quanti vinsero ai Giochi olimpici del 1936 i titoli nel fioretto e nella spada a squadre. A quei Giochi, celebrati a Berlino, ogni olimpionico ricevette in premio una piantina di quercia. Due vennero piantate, in coincidenza con l'allestimento delle due targhe di travertino, nel piccolo giardino prospiciente uno degli ingressi laterali del Campidoglio, quello posto a sinistra risalendo la scalinata disegnata da Michelangelo. Una delle due querce, elevata, fa dignitosa mostra di sé. Ma le due lastre sono praticamente anonime, con rade, incomprensibili scritte in nero. Alla fine degli anni Novanta - con Roma in corsa per organizzare i Giochi del 2004, poi assegnati ad Atene - impegnato in un giro turistico sul Campidoglio, uno dei dirigenti del Comitato olimpico internazionale incappò nel luogo. Stupefatto dell'incuria, pronunziò parole che lasciarono di sasso le persone al seguito: come pretende, questa città, di ospitare i Giochi, quando dimentica i suoi olimpionici?