IL DOPO REGIONALI

Zingaretti tra legge truffa e voto anticipato

Daniele Di Mario

Il risultato delle regionali, nella sua complessità, può essere facilmente riassunto nei seguenti termini: Pirozzi ha fatto perdere Stefano Parisi, il candidato del centrodestra alla presidenza del Lazio sconfitto, a sua volta, da Nicola Zingaretti. Il governatore uscente - al di là dei demeriti di una coalizione di centrodestra che se meno indecisa avrebbe potuto sopperire anche all'hadicap costituito dalla candidatura del sindaco di Amatrice - ha compiuto un capolavoro politico, voltando le spalle alla linea imposta dal Nazareno, scaricando Beatrice Lorenzin per blindare l'alleanza con Liberi e Uguali. Il resto lo ha fatto lui: oltre 150mila voti più delle liste schierate a suo sostegno, con crollo del voto grillini rispetto alle politiche. Zingaretti ha sì vinto, ma con uno scarto esiguo: più o mano 50mila voti, il 33% di consensi. Una percentuale insufficiente a garantirgli una maggioranza nell'Aula della Pisana. Il presidente avrà 24 consiglieri (più se stesso) contro i 26 delle opposizioni. La colpa è di una legge elettorale regionale palesemente incostituzionale, che garantisce un premio di maggioranza del 20% al candidato presidente che prende un voto in più degli altri, quale che sia il suo risultato, senza necessità di una soglia minima di consenso per ottenere quei 10 consiglieri su 50. Le ultime sentenze della Corte costituzionale sanciscono l'incostituzionalità di premi di maggioranza o di governabilità slegati dal raggiungimento di una soglia minima da parte della coalizione vincitrice, anteponendo il principio della rappresentatività a quello della governabilità. La sentenza sull'Italicum in questo è illuminante. Una censura allo studio del Viminale e del Consiglio dei ministri già prima del voto e che potrebbe sfociare in futuro in una impugnazione alla Consulta. Così come non si escludono ricorsi da parte dei primi dei non eletti. A quale titolo una coalizione che prende solo 50mila voti in più di quella seconda classificata, in un sistema proporzionale puro come quello regionale, sottrae dieci seggi alle altre liste? E' la "legge truffa" della Regione Lazio. Zingaretti ora deve trovare i numeri in aula per governare. Sergio Pirozzi ha fatto già intendere - come prevedibile - che possibili convergenze in Consiglio regionale sono possibili. Gli sherpa del governatore, poi, avrebbero già cercato Massimiliano Maselli (unico eletto di Noi con l'Italia-Udc), il quale avrebbe cortesemente declinato ogni offerta. L'idea del centrosinistra però sarebbe quella di un accordo organico, sulle nomine di Consiglio, con Forza Italia, magari quando sarà più chiaro lo scenario nazionale. Si vedrà. Di certo c'è che oggi Zingaretti ha annunciato l'intenzione di candidarsi alle primarie del Pd. La sua vittoria alla Regione Lazio con una coalizione di sinistra infatti non gli regala solo uno storico secondo mandato ma lo pone, come scritto da Il Tempo, a naturale anti-Renzi. Nubi fosche sul futuro della Pisana: se la legislatura dovesse finire molto presto per l'impossibilità di formare un governo e se Zingaretti dovesse vincere il congresso diventando il nuovo segretario del Pd, la Regione tornerebbe automaticamente al voto. E a quel punto la grosse koalition alla Pisana non solo sarebbe inutile, ma non avrebbe neppure senso proporla.