Sinistra complice

Anpi, comunisti e Flotilla: ecco la "zona grigia" schierata con Hannoun

Alessio Buzzelli

L’arresto di Mohamad Hannoun, l’architetto giordano accusato dalla Procura di Genova di aver finanziato Hamas con oltre 7 milioni di euro - ufficialmente raccolti per aiutare la popolazione palestinese – ha messo in moto una rete di solidarietà che ha stupito molti. Cortei, dichiarazioni e, soprattutto, post sui social, firmati da diverse sigle e partiti della sinistra radicale, ma anche da associazioni vicine alla "causa palestinese" e singole persone, anch’esse tradizionalmente schierate monoliticamente contro Israele e ciò che rappresenta. Una rete che ha deciso di leggere quanto accaduto in un’ottica precisa: l’arresto di Hannoun è stato, per loro, ora un’operazione sionista, ora un modo per colpire la così detta "causa palestinese", ora un attacco di un governo repressivo alla libertà, ora, infine, persino un “regolamento dei conti” con i movimenti ProPal.

Comunque un’ingiustizia. Ignorando del tutto quanto emerso dalle carte relative all’indagine: perché se è vero che– come i princìpi del garantismo impongono, anche se molti di loro hanno dimostrato di non avervi mai aderito – il processo ad Hannoun e agli altri arrestati deve ancora inziare, è altrettanto vero che all’interno dell’ordinanza di custodia cautelare disposta dal tribunale di Genova, ci sono evidenze teoricamente impossibili da ignorare, che se non sono ancora giudiziarie, lo sono di certo dal punto di vista morale, culturale e politico.
E quindi ecco, ad esempio, il post di Davide Piccardo, direttore editoriale e responsabile del quotidiano online La Luce, che su Facebook scrive: «Solidarietà totale a Mohammed Hannoun e agli altri fratelli arrestati, colpevoli di aver nutrito per decenni gli orfani palestinesi». E chiude con l’accusa: «Netanyahu ordina e il governo italiano esegue». Parole che riassumono bene le posizioni di chi ritiene che gli arresti di ieri l’altro siano stati eterodiretti da Israele. «Totale soliderietà ad Hannoun», scrive Giorgio Cremaschi, ex sindacalista e esponente di Potere al Popolo. «Gravissimo – continua – è il fatto che la stessa Procura di Genova» affermi di aver utilizzato «documentazione trasmessa ufficialmente dallo Stato israeliano», aggiungendo che “siamo di fronte ad una mostruosità giuridica che trasforma in legge dello Stato italiano le misure repressive del regime fascio sionista israeliano». Oltre ai singoli, ci sono pure partiti e partititni della galassia della sinistra extraparlamentare, come Rifondazione Comunista, che scrive in un post: «Il governo Meloni e la lobby trasversale dei complici del genocidio esulta» per gli arresti di Hannoun, «siamo difronte alla reiterazione del tentativo di criminalizzare la solidarietà con la Palestina». Sulla stessa linea quello del Partito Marxista-leninista italiano, che «ribadisce con fermezza la sua condanna dell’arresto di Hannoun», definendolo come un «intollerabile attacco del governo Meloni, Mussolini in gonnella, alla resistenza del popolo palestinese».

  

“Buttiamo giù il governo di Mussolini in gonnella- concludono -complice del genocidio». Tra le pieghe del web spunta anche il Partito dei Carc (Comitati di Appoggio alla Resistenza per il Comunismo) che se la prende con «il governo Meloni che perseguita chi in Italia sostiene la liberazione della Palestina» e che invece «chiude gli occhi» quando «c’è da far valere il diritto internazionale e arrestare i criminali nazi-sionisti». Potere al Popolo invece, esprimendo «completa solidarietà», parla di «vergognosa accusa di terrorismo». Poi ci sono movimenti e associazioni. Freedom Flotilla Italia si scaglia contro «la campagna di repressione e criminalizzazione", sostenendo che "la resistenza è un diritto del popolo palestinese" e rifiutando che "venga arbitrariamente equiparata al terrorismo". L’Anpi -Na sezione «Aurelio Ferrara» ricondivide un post del Centro Culturale Handala Ali in cui si legge: «Esprimiamo la massima complicità e solidarietà ad Hannoun e a tutti gli arrestati». Mentre in un comunicato firmato «Le comunità palestinesi in Italia» parla degli arresti come di «una regolazione di conti contro il movimento palestinese».