L'intervista

Askatasuna, Verini: "Il mio Pd abbia la forza di prendere a pedate ogni forma di violenza"

Edoardo Sirignano

«La sinistra deve emarginare, isolare e allontanare chi è protagonista di episodi come quelli di Torino.
Mi riferisco a chi brucia i cassonetti, devasta e minaccia giornali e giornalisti, o aggredisce e ferisce poliziotti. Se non si prendono radicalmente le distanze da questi comportamenti si delegittima anche il diritto sacrosanto di manifestare e ciò è un pericolo per la democrazia. Anche noi come Pd dobbiamo avere la forza di prendere a pedate (nel senso di isolare) i violenti». A dirlo Walter Verini, senatore dem.

Un tema fondamentale, oggi, è quello della sicurezza. Come il campo largo dovrebbe approcciarlo?

  

«Dobbiamo batterci sia per quanto riguarda la sicurezza sociale che quella personale. Per fare tutto ciò esistono strade diverse.
La destra offre una risposta esclusivamente repressiva. A nostro parere ne occorre anche una preventiva, che aggredisca le cause. Ma sottovalutare il tema vuol dire lasciare un’autostrada a Meloni e alle sue destre. Anche se tagliano fondi alle forze dell’ordine».

Che idea si è fatto rispetto a questi centri violenti che, negli ultimi giorni, creano caos per le strade. Giusto difenderli?

«Sono sempre a favore di chi tutela la legalità. Però lo ricordavano Cacciari, Don Ciotti - bisogna anche cercare il dialogo, pure nel conflitto, con i giovani. Non con i violenti. Altrimenti diventa modello chi usa la forza. E, nel mondo dell’I-Pad, in una società che tende a farti restare solo, ciò è più di un semplice rischio».

Il Pd, intanto, è il “partito degli amministratori”. I sindaci si sono impegnati abbastanza sulla questione?

«L’ordine pubblico riguarda innanzitutto il Viminale. Allo stesso modo, però, è sbagliato pensare che a risolvere ogni emergenza debba essere il solo Piantedosi. Le risposte devono essere integrate, sinergiche. Tutti devono lavorare affinché non ci siano luoghi con degrado, dispersione scolastica, buio sociale».

In tal senso, Il Tempo sta portando avanti più di una semplice inchiesta su Termini e sulle periferie nella capitale...

«Laddove c’è degrado e non c’è illuminazione sociale, il rischio criminale è forte. La mancanza di speranza e di futuro aumenta paura e insicurezza. Ciò è un terreno fertile per chi vuole trasformare una giusta protesta in altro. Gli stessi centri sociali, per fortuna, non sono solo Askatasuna. Ne esistono dove si fa musica, cultura, ci si batte per una scuola migliore o un welfare a misura di fragili. Chi lo fa pacificamente non è un nemico».

Allo stesso tempo, però, ci sono sindacati che in Italia giustificano comportamenti alquanto discutibili...

«In una società come quella attuale è giusto scioperare, scendere in strada per una lotta sociale o stimolare le coscienze su quanto accade a Gaza. Come occorre farlo anche per il 7 ottobre e contro l’ "antisemitismo". Allo stesso modo, però, ci sono stati dentro i cortei pezzi e forze che danno enfasi a un odio pericoloso. Si definiscono Pro Pal, ma, nei fatti, sono anti- Pal. Se non affrontiamo poi il tema dell’antisemitismo si rischia anche di cadere nell’"islamofobia", con conseguenze fatali. Anche nei movimenti giovanili ai miei tempi c’erano gli estremisti. Anzi, erano più forti e uniti di oggi, ma per fortuna c’è chi ha sempre preso le distanze, in primis i Berlinguer e i Lama. La forza della proposta deve prendere il sopravvento».

Il Nazareno di Schlein è ancora in tempo?

«Certamente, è nel Dna del Pd. Ma occorre - tutti - non indulgere rispetto a fenomeni pericolosi, come ci ha ricordato oggi anche Giancarlo Caselli».