L'intervista

Rotondi: "La sinistra campana voterà Cirielli. Non ha nulla a che spartire con l’antipolitica dei pentastellati"

Edoardo Sirignano

«Nelle ultime ore l’attenzione si sposta degli schieramenti alle figure dei due candidati presidenti, e questo terreno favorisce certamente Edmondo Cirielli, supportato da liste meno competitive, ma accompagnato da una percezione di maggiore affidabilità». A dirlo Gianfranco Rotondi, leader della Democrazia Cristiana, compagine che in Campania, come già accaduto in altri territori, corre, con la sua moderna e stilizzata balena bianca, a sostegno della coalizione di centrodestra.

Il candidato di maggioranza può recuperare i deluchiani che non amano l’universo grillino e non hanno mai accettato l’idea di dover cedere la presidenza della Campania al Movimento. In che modo?

  

«Aprendo assieme a Giorgia Meloni la campagna elettorale, io ho citato i leader napoletani del Partito Comunista Italiano: Amendola, Napolitano, Chiaromonte, Bassolino, e mi sono chiesto cosa abbiano a spartire con l’antipolitica grillina. Penso che tutta la sinistra campana rispetti più la storia di militanza di Cirielli che la lotteria vinta da Fico».

Come giudica il timore sul voto disgiunto, sollevato su queste colonne da un big come Mastella?

«Il sindaco di Benevento ha naso democristiano, e l’urna profuma».

Ha detto che la sua Dc, pur essendo un partito di centro, in questo particolare frangente, è l’unico ad aver la possibilità di prendere il voto comunista. Perché?

«Il centro non esiste, la Democrazia Cristina era il partito della nazione, prendeva voti a destra e a sinistra. E la mia balena bianca della Dc é una miniatura, di proporzioni minime, ma contiene l’essenza dell’originale».


In questa campagna, quale ritiene sia stato il vero punto debole di Roberto Fico? La barca o il condono? 
«Né l’una, né l’altro. Il suo punto debole è la sua visione vetero-grillina, massimalista nelle politiche ambientali, nemica dell’impresa, della competenza, del liberalismo, valori profondamente radicati in una Napoli ormai diversa e lontana dallo stereotipo del mandolino».

Il testa a testa campano che esito avrà sulla politica nazionale? Chi rischia di più Schlein o Meloni?
«Nessuna delle due. Entrambe si giocano tutto sulla legge elettorale, non sul numero delle regioni governate. Questa legge elettorale fu scritta per determinare un pareggio e una maggioranza Ursula, tre anni fa Giorgia riuscì ad aggiudicarsi una maggioranza in ragione di circostanze irripetibili. Nessuno può vincere con questa legge elettorale, essa porta solo alla palude, che inghiottirebbe sia la premier che la legittima sfidante. Debbono fare come hanno saputo fare ieri sulla violenza alle donne: un accordo alla luce del sole per un nuovo bipolarismo».

Lei è stato ministro, che idea si è fatto rispetto alla querelle Bignami-Garofoli?
«Che Bignami ha ragione, ma il Quirinale è parte lesa nella vicenda. Garofani ha espresso opinioni politiche sue, in una situazione privata, ma un consigliere del Capo dello Stato non è mai solo, nemmeno quando è solo».

A poche ore dal voto sui territori, direbbe ancora che Giorgia ha quel profilo isitutuzionale tipico dei democristiani?

«Ormai lo dicono gli ultimi grandi democristiani viventi, io al massimo me ne sono accorto per primo».