I falsi moralisti
Le università italiane accolgono studenti e ricercatori di Gaza, così affonda la retorica dei ProPal
Ma guarda un po’, sono proprio le università italiane a mettere a terra il primo mattone per costruire la Gaza di domani. Quella terra, quella società che per nascere e crescere con gli strumenti necessari a combattere i germi del terrorismo e a creare sviluppo ha bisogno di conoscenza, competenze, classe dirigente. E l’Italia, in questo, è arrivata prima di tutti. È stato attivato il primo corridoio universitario, con l’impegno del ministro degli Esteri Antonio Tajani, della titolare del MUR Annamaria Bernini, e della Conferenza dei Rettori. Già nelle scorse settimane erano arrivati in Italia i primi studenti e ricercatori.
Ieri sera a Ciampino ne sono atterrati altri 49. Si tratta di un anello di quella “diplomazia della solidarietà” che la Farnesina ha promosso in questi due anni sulla crisi mediorientale, con i generi alimentari inviati in quella terra martoriata e l’accoglienza in Italia circa 200 bambini malati, alcuni anche molto gravemente, affidati poi alle cure dei nostri ospedali pediatrici. Ma c’è un significato politico anche interno, in questo corridoio accademico. Ed è la sconfitta dei movimenti Pro-Pal, i promotori di quella “intifada universitaria” che per due anni si è espressa attraverso occupazioni, proteste, boicottaggio dell’attività universitaria, compressione della libertà per quegli studenti che invece volevano assistere alle lezioni, persino l’aggressione a un prof in Aula.
Protagonisti di questa mobilitazione intollerante, i collettivi di sinistra con la fanfare di politici e intellettuali d’area. Oggi, gli occupatori seriali incassano la sconfitta più grande, sempre che se ne accorgano o non siano troppo impegnati a trovare un modo per non aprire i libri e saltare gli esami. Hanno bloccato le università in solidarietà con i palestinesi, ma gli studenti palestinesi trovano proprio nel funzionamento degli Atenei italiani una scialuppa per costruire il proprio futuro. I collettivi hanno imputato al sistema universitario italiano connivenze con quello che hanno più volte definito (senza basi giuridiche) “il genocidio” portato avanti da Israele.
Ma oggi, proprio in quelle aule, su quei banchi, con quel personale accademico i giovani palestinesi possono riaccendere una fiammella per quel che sarà domani. E senza lo slancio diplomatico del governo tutto ciò non sarebbe mai stato possibile. E così in questa vicenda, solo apparentemente collaterale, si riassume la contrapposizione fra l’ideologia degli slogan e la politica che, quando fatta bene, porta a risultati importanti. Ha vinto la seconda, per fortuna.