l'analisi

Meloni e Bergoglio nel mirino di Mosca

Luigi Bisignani

Caro direttore, allarme rosso. Mosca guarda l’Italia e il Vaticano con sempre maggiore freddezza, inquietando diplomazia e servizi segreti. Effettivamente, mai un diplomatico di rango accreditato in Quirinale aveva usato parole tanto dure verso un governo in carica come quelle di Alexei Vladimorovic Paramonov. Il monito durissimo che, se non una minaccia, è di certo un avvertimento diretto alla Meloni è stato: «Con l’inizio della sua presidenza del G7, sta attivamente rivendicando il ruolo di "capo coordinatore" di questo quartier generale antirusso dell’Occidente». L’ambasciatore non è nuovo alla ribalta, due anni fa era l’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, ad essere preso di mira da Paramonov, che da marzo 2022 si sfregia del titolo di commendatore dell’Ordine della Stella d’Italia - su proposta del governo gialloverde di Conte, dopo la missione dei medici militari russi antiCovid a Bergamo-. L’ambasciatore «lancia warning» ora torna alla carica, e non solo con Meloni. Anche Bergoglio è ormai sulla «lista nera» del Cremlino.

Eppure Papa Francesco, sin dal febbraio del 2022, subito dopo l’inizio dell’invasione russa in Ucraina, fu il primo a tentare una mediazione con la Russia. Uscì a sorpresa in auto dal Vaticano, senza neppure avvertire il segretario di Stato, per recarsi all’ambasciata di Russia presso la Santa Sede per incontrare Alexander Avdeev, diplomatico con il quale è tuttora in rapporti di cordialità. Pare che il Santo Padre avesse addirittura ricevuto la promessa che avrebbe parlato con Putin, forse grazie anche ai buoni uffici del Patriarca Kirill, con cui aveva un’ottima relazione. Nel 2016 i due firmarono a L’Avana una dichiarazione congiunta rivendicando la «famiglia naturale» come fondamento della società. In seguito i rapporti con Kirill si sono raffreddati e, da quando Bergoglio lo ammonì dicendo che non poteva la diplomazia vaticana, giudicata, prima dell’era Bergoglio, tra le più influenti al mondo. Oggi invece, a sentire i sussurri, contatti delicati sembrano in mano a tal Leonid Sevastyanov, presidente dell’Unione mondiale dei vecchi credenti, una comunità religiosa scismatica della Chiesa ortodossa russa. Questo signore, periodicamente, incontra in privato il Papa, in barba a qualsiasi protocollo e procedura, allarmando così tutti gli addetti ai lavori che si chiedono quale segreto possa celarsi dietro a questa prassi vis-à-vis.

  

La stessa domanda che si fanno i servizi russi, così come la Chiesa ortodossa che considera Leonid una persona di scarso "peso". Tuttavia, questa storia merita di essere raccontata, partendo dall’inizio: Leonid entra in contatto con Francesco quando il metropolita Hilarion Alfeev, da sempre vicino ad "ambienti" Usa, era il ministro degli Esteri della Chiesa ortodossa. Al tempo Leonid era un collaboratore di Hilarion e lo accompagnava spesso nelle missioni diplomatiche all’estero, comprese quelle in Vaticano, dove conobbe Bergoglio, instaurando via via con lui un rapporto di confidenza. Dopo lo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, il Cremlino, in accordo con il Patriarca Kirill, decide di sostituire Hilarion con Anton di Korsun, già a capo della Chiesa ortodossa russa in Italia. I motivi ufficiali che hanno portato alla rimozione del metropolita - oggi a Budapest- sono stati i suoi commenti «sull’operazione speciale» in Ucraina in quanto antitetici a quelli di Kirill.
In realtà, questa è stata solo la goccia che ha fatto traboccare il vaso perché, già da tempo, gli apparati di sicurezza russi controllavano i movimenti di Hilarion, sospettando l’eccessiva vicinanza ad ambienti americani ed inglesi collegati addirittura alla Cia e al Sis, più conosciuto come MI6. Tornando al signor «nessuno» Leonid, l’ultimo incontro con Bergoglio è avvenuto saltando come al solito ogni protocollo, con il pretesto, pare, di dover riferire informazioni riservate da Mosca. Durante la visita, avrebbe detto a Francesco di avere incontrato il segretario di Stato USA Antony Blinken e di trattare riservatamente con lui anche tematiche molto delicate. In Russia, la Chiesa ortodossa, il Cremlino e i servizi si domandano perché il Papa dia spazio e fiducia a questa persona. Uno dei tanti misteri di Santa Marta. Sono passati quasi dieci anni da quando Vladimir Putin si presentò in Vaticano con più di un’ora di ritardo, dopo la crisi per l’annessione della Crimea, per restaurare un clima di dialogo. In tale occasione, il Pontefice consegnò a Putin un medaglione raffigurante «l’angelo della pace» e, in cambio, ricevette l’icona della Madonna di Vladimir, dal potente significato simbolico, essendo quella che Stalin fece volare su Mosca durante l’avanzata nazista. È mai possibile che ora i rapporti siano intermediati da questo Leonid che, secondo alcune fonti dell’AISE, sembra addirittura stia provando a contattare anche la Meloni? Speriamo che Giorgia questa volta, scottata dalla telefonata con il finto leader africano, non ci caschi.