Centrosinistra

Conte affonda le speranze di Schlein. E guarda già al dopo Elly...

Pietro De Leo

Per chi ha ancora poco chiara la situazione, basta leggere l’intervista di Conte al Corriere della Sera: il centrosinistra non s’ha da fare. Fino alle europee, almeno. Ieri, sul quotidiano di Via Solferino, il leader del Movimento 5 Stelle è stato molto chiaro e a fotografare la situazione è sufficiente l’attacco del colloquio: “nel Pd- spiega - esiste ancora, in alcuni, un riflesso condizionato. La memoria di un passato in cui quel partito aveva una vocazione maggioritaria e una pretesa egemonica. Oggi non funziona più lo schema dei satelliti che ruotano attorno a loro. Oggi c’è un rapporto alla pari”. Andando avanti con la lettura, s’incappa in un “non possiamo nasconderci le differenze, anzi proprio su queste serve un chiarimento”. E poi, dopo aver elencato una serie di temi dirimenti (guerra, “questione morale”, transizione ecologica”) affonda: “noi abbiamo fatto chiarezza al nostro interno, tra loro esistono molte anime”. Non ci vuol molto a tradurre, perché il linguaggio è abbastanza esplicito.

 

  

 

Punto uno: non c’è nessun riconoscimento alla primazia del Pd nell’area. Non c’è nessun riconoscimento alla figura di Elly Schlein come interlocutore alla pari. Quando afferma che tra i pentastellati “abbiamo fatto chiarezza” mentre nel Pd continuano ad animarsi differenze, significa rivendicare una capacità di aver fatto sintesi che la Segretaria dem ha dimostrato di non possedere. Con buona pace del forum pre natalizio in cui accorsero i protagonisti di varie epoche del centrosinistra, da Romano Prodi a Enrico Letta, per dire che sì, Schlein può federare. Sembra una vita fa. Perché ora, complice la corsa proporzionale per le elezioni Europee, così come certe dinamiche territoriali non proprio favorevoli (spaccature qui e là, la Sardegna è un esempio), i fatti stanno dimostrando l’esatto opposto. E Schlein, di fronte all’affondo di Conte, non può far altro che perseverare sulla sua linea.

 

 

A l’Aria che Tira, ha ripetuto il refrain già ascoltato nelle scorse settimane: “Posso ribadire quanto già affermato, il Pd è testardamente unitario, ci rendiamo conto che nessuno da solo è sufficiente a costruire l'alternativa al governo. Le differenze ci sono ma vederci litigare agli elettori non interessa”, perché "il mio avversario è la destra”. Rammarico traspare poi dalle parole del capogruppo dem al Senato Francesco Boccia. “Io non parlo di passato perché se no dovrei chiedere a Conte se ritiene ancora validi i decreti sicurezza di Salvini. Il Pd fa i suoi congressi e non è proprietà di nessuno. E i congressi indicano la strada”, osserva ospite di Omnibus su La7,E aggiunge: “Io non mi metto a guardare nel passato o nelle differenze, che ci sono, negli altri partiti. Io penso al futuro”. L’impressione è che al futuro guardi pure Conte. Un futuro di breve termine, dopo il 9 giugno, in cui magari confida di dare le carte nel centrosinistra, cominciando dalla scelta del prossimo interlocutore.