Premier della pandeia

Conte va coi no-vax pur di opporsi all’invio di armi all’Ucraina

Dario Martini

Ha nutrito dubbi a lungo. Poi Giuseppe Conte si è deciso a sostenere il referendum contro l’invio di armi in Ucraina. Fosse solo per questo non ci sarebbe da stupirsi. Il leader dei 5 Stelle ha manifestato sin da subito la sua perplessità, poi divenuta aperta contrarietà, al sostegno militare incondizionato a Kiev. Allora perché inizialmente ha tentennato? Deve aver ponderato bene questa scelta quando si è reso conto di chi erano i promotori del referendum. Perché a chiedere lo stop immediato all’invio di forniture militari a Zelensky è Generazione Futura. Sul suo sito si presenta come «società cooperativa di mutuo soccorso ecologico intergenerazionale ad azionariato diffuso è nata per promuovere la difesa e la valorizzazione dei beni comuni». L’associazione è l’evoluzione della Commissione DuPre (Dubbio e Precauzione) che prima di opporsi alle armi in Ucraina ha condotto una battaglia serrata contro la cosiddetta «dittatura sanitaria» portata avanti, a loro dire, dal governo Draghi. Tra i volti noti, ne fanno parte, tra gli altri, il giurista Ugo Mattei, il filosofo Massimo Cacciari e il critico televisivo Carlo Freccero.

 

  

 

La Commissione DuPre spesso ha veicolato una «controverità», sulla gestione del Covid prima, e sulla guerra in Ucraina poi. Il paradosso, che deve aver fatto esitare Conte, è proprio questo. L’attuale leader del Movimento 5 Stelle, ex presidente del Consiglio che si è trovato ad affrontare lo scoppio della pandemia, che ha stipulato gli accordi per far arrivare i vaccini in Italia, "padre del lockdown" e sostenitore in seguito del green pass, si ritrova oggi a condividere la battaglia del referendum anti-armi promosso proprio da coloro che hanno contestato la gestione politica dell’emergenza Covid. A convincere Conte è stata l’esigenza di intestarsi una battaglia politica in cui crede convintamente, insieme all’opportunità di smarcarsi in modo chiaro dal Pd di Elly Schlein, che sul terreno del sostegno all’Ucraina non può permettersi distinguo. In definitiva deve aver pensato - poco importa le campagne che i promotori del referendum hanno condotto in precedenza.

 

 

Come quando otto filosofi, sei scienziati e sei giuristi della commissione DuPre invitavano a ricorrere «al dubbio e alla precauzione nella valutazione degli effetti collaterali del vaccino». La loro campagna mirava, come detto, a contestare l’imposizione del green pass. In seguito all’invasione russa in Ucraina, l’associazione ha spostato la sua attenzione sulla guerra. Particolari polemiche sollevarono le parole di Freccero a inizio aprile dello scorso anno, quando disse che «esiste un materiale prodotto ad hoc a scopo propagandistico di cui conosciamo l’esistenza, ne è un buon esempio il bombardamento all’ospedale pediatrico con l’influencer incinta, successivamente dichiarata morta e ricomparsa poco dopo in un’altra storia. Ma già nelle altre guerre avevamo precedenti di ogni tipo, dai falsi salvataggi dei caschi bianchi in Siria ai filmati dell’Isis girati in studio». Tornando a Conte, il capo pentastellato si è convinto che sull’Ucraina bisogna passare ai fatti. E che il referendum è l’occasione giusta per dare del filo da torcere al governo. «Usare le armi è segno di debolezza, negoziare richiede coraggio», ha sostenuto pochi giorni fa rilanciando un tweet del Papa.