sondaggi implacabili

Elezioni nel Lazio, il Pd si azzuffa. Alessio D'Amato affonda

Pietro De Leo

Alessio D’Amato, candidato Pd-Terzo Polo alla presidenza della Regione Lazio, che offre il kalumè dell’alleanza al Movimento 5 Stelle. Calenda che si dice pronto ad una corsa autonoma e la candidata pentastellata che respinge l’offerta con un certo sdegno politico. Gli ultimi giorni di cronaca elettorale per la conquista del palazzo di via Cristoforo Colombo sono stati contrassegnati da un testa-coda del centrosinistra. Ma quanto può influire, questo, sulla corsa? Gli elettori saranno ulteriormente scoraggiati nell’assegnare il loro consenso a D’Amato e ai partiti che lo sostengono? Il Tempo ha girato la domanda ad alcuni sondaggisti. Secondo Federico Benini, di Winpoll, quanto accaduto è «materia per addetti ai lavori, gli elettori valutano in base ad altre situazioni», spiega. Una di queste è senz’altro «il peso dei partiti. Questo è un elemento che influirà sugli elettori. Francesco Rocca, candidato del centrodestra in questo parte in vantaggio, di contro paga lo scotto della minore notorietà. D’Amato, al contrario, è il candidato più noto e tradurre questo in voti è la sua vera sfida. Deve raccogliere tutti i voti nel campo Pd-Terzo Polo e poi mostrarsi il più possibile attrattivo anche nell’area del Movimento 5 Stelle. Anzi, probabilmente il tentativo di chiamare all’alleanza serve proprio a questo».

 

  

 

 

Chiediamo anche se la conflittualità interna al Pd nel percorso congressuale influisca sulla corsa. «Non credo - osserva Benini - Di sicuro, però, non aiuta avere un Pd al minimo storico». L’incidente dell’alleanza rifiutata non rileva granché anche secondo Antonio Noto, di Noto Sondaggi. «D’Amato deve rimontare - osserva - ma non dovrà rimontare di più per quanto accaduto. Anzi, forse può esserci anche una ragione strategica in quella proposta». E cioè «lanciare un messaggio a quell’elettorato di centrosinistra che guarda con simpatia al Movimento 5 stelle di questo tenore: "non sono io a non voler fare un accordo con loro, ma sono loro a non voler un’intesa con me". Potrebbe esser stata una scelta sottile». La pensa in modo diverso, invece, Carlo Buttaroni di Tecnè. «Sicuramente D’Amato non è stato favorito da questa mossa». Peraltro, c’è anche un tema meramente politico, ossia: «Le alleanze non sono una somma algebrica: compiere un’operazione del genere a poche settimane dal voto e a ridosso della presentazione delle liste non semplifica l’offerta politica. Se Donatella Bianchi avesse aderito a quell’appello, la somma non avrebbe corrisposto al risultato dell’urna, perché ci sono dei pezzi inconciliabili tra loro. È necessario compiere dei percorsi sin dall’inizio, cercare delle scorciatoie non è mai salutare». A questo proposito, dunque, «in Lombardia c’è un discorso diverso, perché lì il cammino congiunto (tra Pd e Movimento 5 Stelle ndr) è iniziato prima». Domandiamo, poi, se la conflittualità interna al Pd possa peggiorare l’appeal elettorale di D’Amato. «Credo peggiori soprattutto il Pd – spiega Buttaroni - e dunque il suo peso nella coalizione. Non D’Amato direttamente».