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Manovra di bilancio, Meloni punta su pensioni minime e social card per famiglie in difficoltà

Filippo Caleri

Aumento delle pensioni minime da 535 a 600 euro e limatura della rivalutazione per l’inflazione per quelle più elevate. Niente Iva zero sui beni di prima necessità sostituita da una carta risparmio erogata dai Comuni alle famiglie in difficoltà. Che se avranno un reddito sotto i 15 mila euro avranno gratis pane, pasta e latte. Nel campo dell’imposta sul valore aggiunto arriva solo la riduzione al 5% di quella applicata sui prodotti per l’infanzia e gli assorbenti. E ancora decontribuzione fino a un massimo di 6mila euro per le aziende che intendono assumere, a tempo indeterminato, giovani under 36 con già un contratto a tempo determinato. Uno sgravio applicabile anche per i percettori del reddito di cittadinanza. Confermato anche il taglio del cuneo fiscale fino a 3 punti percentuali a chi ha un reddito sotto i 20mila euro e riduzione dei mesi di sostegno garantiti dal reddito di cittadinanza a chi può lavorare: nel 2023 saranno pagati solo 8 mesi, questo in attesa della riforma complessiva nel 2024. La prima Manovra del governo Meloni parte con la conferma di misure annunciate nei giorni scorsi e qualche novità dell’ultima ora. La linea di fondo resta quella di aiutare i ceti più deboli che, nel 2023, saranno i più colpiti dalla recessione data per imminente. Ma la coperta per soddisfare tutte le richieste delle categorie e le promesse elettorali resta sempre corta. Dei 32 miliardi complessivi 21 miliardi in deficit sono già destinati alle misure contro il caro-energia dunque lo spazio in cui far entrare tutto è una decina di miliardi.

 

  

 

 

Anche per questo dalla razionalizzazione dei bonus edilizi, cassando il superbonus 110, al nuovo metodo di calcolo della tassa sugli extraprofitti sulle aziende energetiche e passando per la tassazione delle criptovalute e un aumento delle tasse sul tabacco tradizionale, il governo è andato a caccia di risorse. Che in parte saranno recuperate dalla modifica dello sconto sui carburanti. Già, perché complice il calo dei prezzi petroliferi degli ultimi mesi, l’esecutivo ha deciso una misura che non godrà sicuramente il favore degli automobilisti. Dal primo dicembre sarà ridotto di 10 centesimi lo sconto alle accise sui carburanti, che passerà da 30,5 centesimi a 18,3, che però non dovrebbe coinvolgere gli autotrasportatori. Verrebbe aumentato di 450 milioni di euro fino al 2024, invece, il fondo dedicato al Tpl per contrastare gli effetti del caro carburante. Spazio anche alle imprese, per loro non c’è il richiesto abbassamento del cuneo fiscale, ma un innalzamento del credito d’imposta dal 30 al 35% per le piccole e medie imprese per mitigare gli effetti del caro energia. Arriva anche lo stralcio delle cartelle previsto dovrebbe che riguarda quelle fino a mille euro. 
Una Manovra che resta, dunque, incentrata dunque sul caro bollette. E che è arrivata a Palazzo Chigi dopo quasi due ore di vertice alla Camera per fare il punto della situazione con gli alleati di governo sull’impianto della legge di Bilancio. La premier Giorgia Meloni ha riunito nei suoi uffici di Montecitorio i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani, il sottosegretario Alfredo Mantovano, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti e il suo vice Maurizio Leo, per discutere gli ultimi nodi legati alla Manovra. Nessuna tensione ma solo una quadratura e una messa a punto per accontentare, con le scarse risorse rimaste, le richieste dei partiti della coalizione.

Alla fine dell’incontro il titolare del Mef, Giorgetti, ha assicurato che la Finanziaria da oltre 30 miliardi - di cui 21 in deficit già blindati per il caro-energia - è «politicamente chiusa». «Economicamente manca ancora qualche cifra», ha confessato poi spiegando però di dover andare «a finire di quadrare i conti» per «tirare le somme». E infatti buona parte del consiglio dei ministri che si è chiuso a tarda notte è servito, dopo aver messo a punto le principali misure che compongono la manovra, a trovare le coperture necessarie.