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Regione Lazio, le primarie Pd si allontanano: rebus candidati, divisi anche sui gazebo

Daniele Di Mario

Scelto il candidato, ora tocca definire il percorso. Alessio D'Amato correrà alla presidenza della Regione Lazio, sostenuto da Pd e Terzo Polo, ma prima i Dem devono sciogliere il nodo primarie. I democratici del Lazio vorrebbero celebrarle l'11 o il 18 dicembre, ma Carlo Calenda ha già fatto sapere che Azione e Italia viva non vi prenderanno parte. C'è poi il rebus candidati. Contro D'Amato, l'unica finora candidatura certa sarebbe quella di Marta Bonafoni. Senza altri candidati di peso le primarie sarebbero un autogol clamoroso e provocherebbero anche una frizione col Terzo Polo. Senza contare l'incognita affluenza, che anche i più ottimisti non prevedono oceanica, anzi. Soprattutto con un unico candidato «vero». Il dibattito nel Pd è in corso e la decisione verrà presa martedì in direzione regionale. Il tema elezioni regionali caratterizza anche la presentazione del libro di Goffredo Bettini, uno degli ideologhi del campo largo con il M5S, dal titolo «A sinistra. Da capo».

All'Auditorium di Roma c'è anche Giuseppe Conte tra i relatori. E al capo politico dei 5 Stelle Bettini non risparmia critiche per aver rotto l'alleanza con il Pd che alla Pisana durava da due anni. «Conte, attenzione - dice Bettini - Nel Lazio si interrompe un'esperienza unitaria che già c'è. Tu dici di aver posto delle condizioni ma in un processo unitario non si pongono condizioni. Non ho nessuna remora sulla figura di Alessio D'Amato. Certamente l'esito dell'alleanza politica mi ha un po' sconcertato». «Giusto dialogare con il M5S - dice Andrea Orlando - Ma in questo momento si fa più difficile la strada di un dialogo che abbia anche dei esiti concreti». Sulle regionali, «il Pd sta facendo quello che deve, con disponibilità a fare alleanze. Le responsabilità della rottura sono chiare, almeno nel Lazio: mi pare che sia un errore netto del M5S di chiamarsi fuori».

  

La replica di Conte è altrettanto netta. Lui e Bettini sono amici: «Goffredo non è stato come quei dirigenti Pd che hano rinnegato il governo Conte due. Se al congresso Dem prevarrà la linea di Bettini, con il Pd sarà facile ritrovarci, nel rispetto della reciproca autonomia e dignità». «Niente rancore», quindi. Ma toni franchi sì. «Nel Lazio - spiega Conte - abbiamo detto che apriamo a tutte le forze. Non ho fatto alcuna indicazione di un candidato. Si è preferito scegliere l'interprete già designato da Calenda. Benissimo, ma il M5s ha faticato troppo per risalire nel consenso. Oggi ci viene chiesto di rinunciare ai nostri principi e valori per il Lazio. Non possiamo perdere l'anima, non possiamo metterci con Renzi che fa il referendum contro il reddito di cittadinanza o con Calenda che invoca la militarizzazione dei rigassificatori. Non è la nostra tradizione».

Conte ufficializza il divorzio dal Pd nel Lazio e la fine del campo largo. Ma rivendica: nell'area progressista «oggi c'è anche il M5S, che lo si voglia o no. Non è stato un cammino facile». E del progressismo Conte usa le parole chiave: «Il M5S ha scelto in modo chiaro di difendere precari, sfruttati, ultimi. Abbiamo una scarsa storia, ma solo per il fatto di essere continuamente bullizzato per questa battaglia merito anche il suo rispetto». C'è poi il tema del pacifismo: «A Draghi - dice il capo politico M5S - ho cercato di spiegare la follia del riarmo». Parole che inducono Francesco Boccia, responsabile Enti locali del Pd e strenuo sostenitore del dialogo con il M5S che «i gruppi dirigenti passano, ma la comunità politica resta. L'unità dei progressisti è un dovere». Ne è convinto anche Bettini, anche se - avverte - «in Italia, nel mezzo di questa crisi, la sinistra non c'è. Non si riesce più a percepire, non ha profilo». Per questo «non sono per un congresso reticente, la costituente dovrebbe servire a discutere di questo, invece mi pare che stia passando l'idea che sia meglio risolverla con una competizione fra noi. Penso sarebbe un errore. Abbiamo bisogno di fare una riflessione di riposizionamento di carattere strategico, poi scegliere i nomi».