primo discorso da premier

La lezione di Giorgia Meloni alla Camera: "Ribalterò ogni pronostico"

Dario Martini

L’«underdog» incassa la fiducia a Montecitorio (235 i sì: tutta la maggioranza vota compatta senza defezioni) ed è pronta a ribaltare ogni pronostico ancora una volta. Giorgia Meloni lo dice chiaramente al termine del suo primo intervento alla Camera: nella sua vita ha dovuto conquistarsi ogni cosa. «Sono il primo presidente del Consiglio donna della storia d’Italia, provengo da un’area culturale che è stata spesso confinata ai margini della Repubblica, e non sono certo arrivata fin qui fra le braccia di un contesto familiare e di amicizie influenti - dice il presidente del Consiglio - Rappresento ciò che gli inglesi chiamerebbero l’underdog. Lo sfavorito, per semplificare, che per affermarsi deve stravolgere tutti i pronostici. Intendo farlo ancora, stravolgere i pronostici, con l’aiuto di una valida squadra di ministri e sottosegretari, con la fiducia e il lavoro dei parlamentari che voteranno favorevolmente, e con gli spunti che arriveranno dalle critiche di coloro che voteranno contro».

La determinazione di un leader e di una donna orgogliosamente di destra, che ha ben chiaro il difficilissimo compito a cui è chiamata: liberare le energie migliori della Nazione per risollevare l’Italia da anni imbrigliata nella burocrazia, nei veti incrociati, nelle battaglie ideologiche. «Giudicatemi da ciò che dico e da ciò che faccio», a rimarcare che il principio del merito vale per tutti, a partire da se stessa. Senza indietreggiare, nella consapevolezza che a volte bisogna fare ciò che si deve più che ciò che si vuole.

  

«Con un unico obiettivo: sapere che abbiamo fatto tutto quello che potevamo per dare agli italiani una Nazione migliore - dice il premier - A volte riusciremo, a volte falliremo, ma state certi che non ci arrenderemo, non indietreggeremo, e non tradiremo le speranze che in noi sono state riposte. Nel giorno in cui il nostro governo ha giurato nelle mani del Capo dello Stato, ricorreva la memoria liturgica di Giovanni Paolo II. Un Pontefice, uno statista, un santo, che ho avuto il privilegio di conoscere personalmente. Mi ha insegnato una cosa fondamentale, della quale ho sempre fatto tesoro. La libertà, diceva, non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell’avere il diritto di fare ciò che si deve. Io sono sempre stata una persona libera, per questo intendo fare ciò che devo».

E la libertà consiste anche nella salvaguardia della democrazia. Un tema sul quale Meloni è netta nel condannare qualsiasi totalitarismo. «Libertà e democrazia - dice - sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea nei quali da sempre mi riconosco. E dunque, a dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici. Per nessun regime, fascismo compreso. Esattamente come ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre. I totalitarismi del ’900 hanno dilaniato l’intera Europa, non solo l’Italia, per più di mezzo secolo, in una successione di orrori che ha investito gran parte degli Stati europei. E l’orrore e i crimini, da chiunque vengano compiuti, non meritano giustificazioni di sorta, e non si compensano con altri orrori e altri crimini. Nell’abisso non si pareggiano mai i conti, si precipita e basta. Ho conosciuto giovanissima il profumo della libertà, l’ansia per la verità storica e il rigetto per qualsiasi forma di sopruso o discriminazione proprio militando nella destra democratica italiana».

Un discorso diviso in due, quello del premier. Da una parte le linee programmatiche del governo, dall’altra la rivendicazione orgogliosa della propria provenienza, dell’ispirazione che in lei hanno avuto Falcone, Borsellino e le altre vittime di mafia e della propria cultura politica, da oggi al servizio del Paese. Giorgia Meloni viene più volte interrotta dagli applausi della maggioranza e dalle standing ovation dei ministri («Così facciamo le due...», scherza), beve a più riprese («Sto a morì...», dice a Matteo Salvini chiedendogli dell’acqua) e non indietreggia davanti all’opposizione. A Debora Serracchiani che l’accusa, sui diritti e sull’aborto, di volere le donne dietro gli uomini, Meloni replica due volte: «Mi guardi, le sembra che sto dietro agli uomini?». Salvini e Tajani annuiscono e sorridono. Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia applaudono. Oggi si replica col voto di fiducia in Senato.