vicepresidenze della camera

Povero Zan: così le correnti Dem hanno affossato il paladino della lotta all'omofobia

E' durato poco il sogno di Alessandro Zan di occupare una delle vicepresidenze della Camera dei deputati riservata all'opposizione. A far cadere l'ipotesi, svela un retroscena de La Stampa, sarebbe stato l'inesauribile potere delle correnti Dem, che avrebbero dovuto rinunciare a una poltrona molto ambita.

  

L'ipotesi Zan era trapelata dopo l'elezione alla presidenza del leghista Lorenzo Fontana, esponente del mondo ultracattolico e assai poco aperto all'universo Lgtb. Così Letta aveva immaginato che una mossa di sicuro effetto sarebbe stata collocare nello stesso ufficio di presidenza il volto dei diritti omosessuali. Ovvero Alessandro Zan, che ha dato il nome al disegno di legge contro l'omotransfobia poi affossato nella scorsa legislatura.

L'ipotesi, accolta pubblicamente con favore da diversi esponenti del Pd, è stata invece sabotata dietro le quinte. Il motivo? Zan è un cane sciolto, non appartiene ufficialmente a nessuna corrente del partito, né a quella di Franceschini, né a quella di Orlando, né a Base riformista di Guerini. Cedere l'unica vicepresidenza della Camera riservata al Pd a lui, avrebbe voluto dire per le potentissime correnti rinunciare a una poltrona. Una cosa su cui, dalle parti del Nazareno, nessuno ha voglia di scherzare.

Ma c'è dell'altro. Perché sono in tanti a pensare che Enrico Letta, dietro la pretesa di indicare nomine "super partes", stia semplicemente cercando di crearsi una pattuglia di fedelissimi che resti nelle stanze che contano anche quando lui non sarà più segretario. Matteo Orfini è stato chiaro: "Enrico ci risparmi almeno l'ipocrisia di dirci che è fuori da tutto". Il clima, nel Pd, volge sempre al tempestoso.