verso il nuovo governo

Senato, Ignazio La Russa beffa Forza Italia

Daniele Di Mario

Ignazio La Russa viene eletto presidente del Senato alla prima votazione, ma il giorno d’esordio della XIX Legislatura segna già la spaccatura di maggioranza e opposizione. L’esponente di Fratelli d’Italia prende sì 116 voti (12 in più rispetto alla maggioranza teorica di 104 senatori su 206 e uno in più dei voti di tutto il centrodestra) ma i senatori di Forza Italia - ad eccezione di Silvio Berlusconi ed Elisabetta Casellati - non ritirano la scheda, esplicitando in questo modo il disagio degli azzurri per i «veti» imposti da Giorgia Meloni al Cav sulla formazione del governo. Decisivi per l’elezione di La Russa risultano quindi almeno 17 voti dell’opposizione, che vanno a sommarsi ai 97 del centrodestra senza FI (66 di FdI, 29 della Lega, due di Noi Moderati). I «sospetti» finiscono sul Terzo polo di Matteo Renzi e Carlo Calenda che possono contare su 9 senatori, ma i diretti interessati smentiscono assicurando di aver votato scheda bianca. È chiaro comunque che quei voti arrivano dall’opposizione, che finisce in frantumi, con il segretario del Pd Enrico Letta che critica chi ha deciso di sostenere La Russa: «Una scelta sbagliata e totalmente irresponsabile» che ha «spaccato l’opposizione». «Il voto certifica tristemente che una parte dell’opposizione non aspetta altro che entrare in maggioranza», rincara la dose Letta.

Giorgia Meloni alla fine incassa l’elezione di Ignazio La Russa al primo colpo, rinsalda l’asse con Matteo Salvini dividendo il destino del segretario leghista da quello di Silvio Berlusconi e, fiutando le divisioni nei partiti di centrosinistra, spacca anche l’opposizione. «Congratulazioni al neopresidente del Senato Ignazio La Russa - commenta - Siamo orgogliosi che i senatori abbiano eletto un patriota, un servitore dello Stato, un uomo innamorato dell’Italia e che ha sempre anteposto l’interesse nazionale a qualunque cosa. Per FdI Ignazio è punto di riferimento insostituibile, un amico, un fratello, un esempio per generazioni di militanti e dirigenti. È un politico dall’intelligenza rara e dalla tenacia altrettanto introvabile. Un uomo orgoglioso della sua identità politica ma che ha sempre saputo mettere il senso delle Istituzioni al servizio di tutti gli incarichi che ha ricoperto nella sua carriera. E che siamo certi farà altrettanto bene, con autorevolezza, competenza e imparzialità, alla Presidenza del Senato».

  

Il presidente di Fratelli d’Italia - sottolineano fonti di via della Scrofa - considera la giornata di ieri molto importante, perché aveva espresso l’auspicio di eleggere subito, alla prima votazione, il presidente del Senato e oggi quello della Camera. Un segnale fondamentale che auspicava e per questo un motivo di soddisfazione, perché la situazione urgente che l’Italia vive non consente perdite di tempo. Meloni è molto legata a La Russa e la sua elezione a presidente di Palazzo Madama rende «orgogliosa» lei e tutta Fratelli d’Italia. Meloni insomma tira dritto, ma la vittoria a Palazzo Madama segna la prima crepa con Forza Italia che ora chiede una «verifica politica» prima dell’elezione del presidente della Camera, prevista per questa mattina.

Tornando alla giornata di ieri, l’accordo raggiunto in seno alla coalizione sulla seconda e sulla terza carica dello Stato tiene solo a metà. La Lega vota compatta La Russa, mentre Forza Italia apre ufficialmente la prima crisi nel centrodestra. Il vertice di Villa Grande di mercoledì pomeriggio tra Berlusconi e Meloni non produce effetti: dopo un’ora e mezza il presidente FdI e La Russa lasciano la residenza romana del Cav senza un’intesa. Berlusconi e Meloni si rivedono in mattinata alla Camera e il leader di FI assicura il voto a La Russa per la presidenza del Senato. Ma dopo una riunione con i senatori di FI Berlusconi cambia idea: pur ribadendo la necessità di tenere aperta la porta del dialogo con gli alleati, si fa portavoce della spinta degli esponenti azzurri che vogliono dare un segnale. E il segnale arriva: i senatori di FI non ritirano la scheda e non votano per La Russa.

Durante la seduta, l’esponente di FdI si avvicina a Berlusconi in Aula chiedendogli come fosse andato l’incontro a Montecitorio con Meloni. Il Cav risponde stizzito, spiegando di «essere stato messo in fondo a tutti» nella formazione del governo e alla fine sbotta: «Vaffanculo». La scena fa il giro del web e dei tg. Ad elezione avvenuta, Berlusconi rivolge «sinceri auguri» al «nuovo presidente del Senato Ignazio La Russa», spiegando che «Forza Italia ha voluto dare un segnale di apertura e collaborazione con il voto» del Cav. «Ma in una riunione del gruppo di Forza Italia al Senato è emerso un forte disagio per i veti espressi in questi giorni in riferimento alla formazione del governo. Auspichiamo che questi veti vengano superati, dando il via ad una collaborazione leale ed efficace con le altre forze della maggioranza, per ridare rapidamente un governo al Paese».

Forza Italia chiede a Meloni il ministero della Giustizia e quello dello Sviluppo economico, dicasteri che rappresentano due simboli dell’azione politica del partito di Berlusconi, impegnato per il garantismo e per rilanciare l’economia. Richieste entrambe rispedite al mittente, almeno per il momento. In più Forza Italia chiede un ministero per Licia Ronzulli, su cui il no di Meloni sembra categorico. Uscendo dal Senato il leader forzista taglia corto non nascondendo tutto il proprio disappunto: «La trattativa è finita, Licia Ronzulli non farà il ministro e non va bene perché non si devono mettere veti». In Senato, il Cav si presenta con una cartellina con all’interno un foglio con i desideri di FI e rivelato dal TgLa7 di Enrico Mentana. Antonio Tajani agli Esteri, Elisabetta Casellati alla Giustizia, Annamaria Bernini all’Università, alle Politiche Ue Licia Ronzulli e Maurizio Gasparri alla Pa, più un altro ministero - l’Ambiente - per Alessandro Cattaneo. Berlusconi vorrebbe poi Alberto Barachini come sottosegretario a Palazzo Chigi con delega all’Editoria. Nei piani di FdI, invece, a FI andrebbero gli Esteri (con Antonio Tajani), l’Istruzione (Annamaria Bernini) e due ministeri senza portafoglio. Troppo poco per il Cav, considerato che FI ha preso gli stessi voti della Lega ed è stata tenuta fuori dalla partita per le presidenze delle Camere. Di qui la richiesta di una «verifica politica»: «FdI dovrà fare i conti con noi - spiega una fonte azzurra - a meno che non voglia fare accordi con Renzi e Calenda». C’è grande insofferenza tra i senatori di Fratelli d’Italia nei confronti dei colleghi di Forza Italia. «Il rischio - fanno sapere i meloniani - è che tale disagio potrebbe incidere mercoledì prossimo sulle scelte delle nomine che ci saranno per l’ufficio di presidenza». FI accusa invece FdI si avere «venduto i posti di vicepresidenti e le giunte delle commissioni» a favore di chi, dall’opposizione, ha votato per La Russa.

Meloni però tira dritto: non cambierà idea e non intende trattare: «Sono intenzionata a dare a questa nazione un governo autorevole. Non intendo fermarmi davanti a questioni secondarie. Dopo le Camere sarà pronta la squadra di governo». «Grazie a tutti coloro che, con senso di responsabilità e in un momento nel quale l’Italia chiede risposte immediate, hanno consentito di far eleggere già alla prima votazione la seconda carica dello Stato. Continueremo a procedere spediti», dice poi commentando l’elezione di La Russa a seconda carica dello Stato.

Alla fine della terza votazione alla Camera, quindi a fine giornata, Meloni riunisce i gruppi parlamentari di FdI. Dalla riunione - spiegano fonti di FdI - emerge un fortissimo malumore nei confronti di Forza Italia. C’è chi addirittura chiede che non gli venga dato nulla, perché quello che è accaduto in Senato «dimostra che non si rendono conto che l’Italia ha bisogno di risposte urgenti ma piuttosto si occupano di chiedere posti e posizioni». Nel corso del pomeriggio, la presidente FdI incontra Matteo Salvini, ma non ha alcun contatto con Berlusconi.