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No nucleare, stop trivelle e ostacoli alle rinnovabili: così hanno bloccato l'Italia

Dario Martini

Se oggi l'Italia si trova con il cappio al collo, costretta ad approvvigionarsi di energia all'estero, è il frutto anche delle scelte politiche fatte negli ultimi trent' anni. Dal no al nucleare alle trivellazioni bloccate nell'Adriatico, fino agli impianti eolici e fotovoltaici sul larga scala bloccati dalla burocrazia. Negli ultimi mesi il governo Draghi ha iniziato a svincolarsi dalla dipendenza dal gas russo. Prima importavamo da Mosca il 40% del nostro fabbisogno. Oggi siamo scesi sotto al 26%. Ora il nostro maggior fornitore è l'Algeria. Ma ancora non basta. Occorre puntare sulla produzione nazionale.

RIFIUTO DEL NUCLEARE Il tema è al centro della campagna elettorale. Matteo Salvini assicura che, in caso di vittoria, il nuovo governo punterà sul nucleare di quarta generazione. È un cavallo di battaglia anche di Carlo Calenda. Ovviamente, si tratta di un progetto di lungo periodo. L'Italia, con le sue quattro centrali nucleari, ha prodotto energia per quasi trent' anni, dal 1963 al 1990, quando ha smesso di farlo per rispettare l'esito del referendum del 1987 (l'anno dopo il disastro di Chernobyl). Nel 1986 il nostro Paese produceva prodotti 9 terawattora grazie all'energia nucleare. Molto meno dei 254 twh prodotti in Francia nello stesso periodo. Il governo di Silvio Berlusconi nel 2008 propose un ritorno al nucleare. Per impedirlo, anche allora fu indetto un referendum, che si tenne tre anni dopo, nel maggio 2011. Due mesi prima, però, ci fu il disastro di Fukushima. Il governo provò a fare retromarcia, proponendo subito una moratoria al nucleare. La consultazione popolare, però, si tenne lo stesso, confermando l'esito del 1986. Ma cosa significa produrre energia nucleare? La Francia, con i suoi 56 reattori, produce il 59% del suo fabbisogno di energia elettrica. Molti impianti, però, oggi sono vecchi, tanto che Emmanuel Macron pochi mesi fa ha lanciato un maxi-piano di investimenti da 52 miliardi di euro. Pensare che, come ha spiegato il ministro per la Transizione ecologica Roberto Cingolani, il 5% della nostra energia proviene proprio dalla Francia. L'Agenzia internazionale dell'energia (Iea), in un rapporto di giugno scorso, ha incluso il nucleare tra le fonti di energia «pulite», affermando che, a partire dagli anni Settanta, «ha fortemente contribuito alla riduzione delle emissioni globali di anidride carbonica».

  

TRIVELLAZIONI BLOCCATE A metà anni '90 l'Italia estraeva 20 miliardi di metri cubi di gas dal Mare Adriatico. Nel 2000 erano 17 miliardi. A fine 2021 si è toccato il punto più basso: 800 milioni di metri cubi. Tra le coste dell'Emilia Romagna e della Croazia c'è un enorme tesoro di metano inutilizzato. Il primo governo Conte nel 2018 ha promosso una moratoria delle trivellazioni di 18 mesi. Solo dopo tre anni, il 13 febbraio scorso, undici giorni prima della guerra, è stato possibile approvare il Pitesai, il piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee. La situazione, però, si è sbloccata per modo di dire. Il documento voluto da Cingolani, infatti, riduce di due terzi il territorio idoneo alle trivellazioni. Così, oltre il 70% delle 108 concessioni in essere per il gas si trovano in territorio non idoneo. Venti sono state revocate, mentre per altre 45 parte è partita la fase di verifica. Sarà molto difficile tornare ai 20 miliardi di metri cubi degli anni Novanta. In qualche anno si potrebbe arrivare alla metà, 10 miliardi. Ma l'obiettivo a breve termine si limita a raddoppiare la produzione attuale per raggiungere 6/7 miliardi. Eppure, sotto i mari italiani - secondo i dati del Ministero- giacciono riserve per oltre 90 miliardi di metri cubi di metano a basso costo. L'estrazione, infatti, costa 5 centesimi al metro cubo, mentre paghiamo tra i 50 e i 70 centesimi per importarlo dall'estero.

EOLICO E SOLARE FERMI Gli ambientalisti invitano a puntare sulle rinnovabili. Un settore dal grande potenziale bloccato dalla burocrazia. Nell'Irex annual report 2022, lo studio di Althesysk, a fronte di 264 nuovi progetti eolici e fotovoltaici su larga scala, 188 sono ancora in corso di autorizzazione.