premier a secco

Governo, Mario Draghi adesso teme il Vietnam. 5Stelle tentati dall’addio: ogni voto sarà un rebus

Carlantonio Solimene

Oggi Mario Draghi sarà a Bruxelles per prendere parte alla due giorni del Consiglio europeo. E il ritorno su uno scenario internazionale dopo la «puntata romana» per la travagliatissima risoluzione di maggioranza sugli aiuti all’Ucraina sarà presumibilmente accolto con sollievo dal premier. Che, dopo il tour in Israele e Palestina e il viaggio a Kiev con Macron e Scholz, è stato riportato con i piedi per terra dalle pastoie della politica interna.

L’ok alla risoluzione - incassato ieri alla Camera dopo la delicatissima partita del Senato - e la scissione del Movimento 5 stelle rappresentano comunque un campanello d’allarme per Draghi in vista delle prossime mosse del governo. Ieri il segretario del Pd Enrico Letta ha parlato di un esecutivo uscito «rafforzato» dal voto in Parlamento. Ma, più che un’analisi coerente dei fatti, è un auspicio velato di non poco ottimismo. Le macerie nel campo grillino, infatti, rischiano di riversarsi nelle prossime settimane sull’attività dell’esecutivo. Sebbene ieri Giuseppe Conte abbia ribadito la fedeltà al governo, è concreto il timore che il capo dei 5 stelle, liberatosi dell’opposizione interna di Di Maio, possa spostare l’asse del Movimento su una linea più barricadera.

  

Lo scenario peggiore, visto che, al di là delle scadenze più vicine, i momenti più difficili per la maggioranza arriveranno in autunno. Matteo Renzi lo ha scandito chiaramente in Senato. «A novembre si rischia la rivolta sociale». Il caro vita dovuto ai rincari su gas, benzina e bollette - solo parzialmente scalfito dalle misure di sostegno varate dal governo - farà sentire i suoi effetti soprattutto dopo l’estate. E, con la campagna elettorale imminente, c’è il rischio che le forze meno vicine al premier ne approfittino per cavalcare la protesta e battere i pugni sul tavolo. Con l’obiettivo di ottenere corposi scostamenti di bilancio o di ottenere il pretesto per sfilarsi dalla maggioranza.

In quel caso, Draghi lo ha chiarito più volte ai suoi diretti interlocutori, la tenuta del governo non sarebbe più una questione numerica ma politica. Se eventuali fuoriuscite non fossero sufficienti a mandare il governo in minoranza, resterebbe comunque il problema di un esecutivo che cambierebbe natura. Non sarebbe più il governo di tutti. E, a quelle condizioni, il premier non ci starebbe più a portare la croce di una crisi economica che si avvita di più ogni giorno che passa.

L’auspicio del capo dell’esecutivo è che gli stop&go che ci sono stati fino ad ora possano lasciare il passo a una maggiore concentrazione sulle riforme in modo da rilanciare l’azione del Governo. Nel primo consiglio dei ministri dopo la scissione del M5S e la conseguente variazione dell’assetto della maggioranza, anche se Luigi Di Maio è assente perché in missione in Serbia, l’esecutivo ha approvato la proroga delle riduzioni sulle bollette per il prossimo trimestre. Presto, sul tavolo di Draghi e dei ministri tornerà la questione accise ed «entro l’estate», così almeno spera Andrea Orlando, ci si concentrerà sul dossier salari. Al rientro dalle vacanze, infatti, comincerà la partita della legge di bilancio. Poi, sarà - di nuovo - campagna elettorale. 

Peraltro, se i nodi maggiori arriveranno dopo l’estate, qualche votazione delicata arriverà già nei prossimi giorni, a partire dagli emendamenti al Dl Aiuti. Se al governo era già capitato talvolta di andare sotto in Commissione già con la maggioranza al completo, cosa accadrà adesso che il Movimento ha perso l’ala «moderata» e si avvicinerà sempre più alle posizioni di protesta? Davvero Conte resterà fedele pur avendo mantenuto solo ministeri di secondo piano dopo aver perso la Farnesina? E cosa accadrà quando il premier - come già annunciato - dirà no a qualsiasi ipotesi di rimpasto?

Certo, la guerra in Ucraina rappresenta un collante non indifferente. Ma, man mano che si avvicinerà il voto, l’aspetto bellico andrà sempre più in secondo piano rispetto a quello economico. Anche per questo, a Bruxelles, Draghi rimetterà subito sul tavolo la proposta italiana di stabilire un tetto europeo al prezzo del gas. Da questo punto di vista, però, i colleghi dell’Unione hanno fatto finora orecchie da mercante. In assenza di un cambio di atteggiamento, arginare il malcontento sociale diventerà sempre più difficile.