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Russiagate, covid e Putin. Giuseppe Conte sprovveduto o oscuro stratega?

Benedetta Frucci

La parabola politica di Giuseppe Conte avrebbe dovuto suscitare seri interrogativi fin dai suoi inizi, se non fosse che in questo disgraziato Paese, in cui la volontà politica dei cittadini conta poco o nulla nella formazione dei governi, siamo ormai abituati a tutto. E così, abbiamo accolto con indifferenza la notizia che il premier fosse uno sconosciuto avvocato e professore universitario non particolarmente autorevole, senza domandarci né come fosse arrivato lì, né quali conseguenze avrebbe prodotto l'aver affidato le Istituzioni all'Uomo Qualunque.

Il vero interrogativo che dovremmo porci guardando alle gesta di Giuseppe Conte è infatti solo uno. È davvero un incompetente finito al potere per caso, davvero non sa nulla delle accuse che gli vengono rivolte ed è stata la sua inadeguatezza a ricoprire il ruolo di Premier che l'ha reso facile preda degli appetiti altrui, oppure nel suo tentativo di restare saldamento attaccato alla poltrona, ha seguito consapevolmente una strategia oscura e poco trasparente? Qualunque sia la risposta, la sua figura mette davanti agli occhi degli italiani le conseguenze della sbornia populista dell'antipolitica.

  

Perché ora i contorni poco chiari di quella salda permanenza del trasformista avvocato del popolo al potere, iniziano ad emergere in modo prepotente, a partire dal cosiddetto caso Barr, su cui perfino dal suo stesso partito, il M5S, sono arrivate poche e fredde difese.

 

 

 

 

Tutto ha inizio con l'assurda convinzione dell'allora presidente Usa Trump del fatto che il cosiddetto Russiagate, l'inchiesta sulle presunte ingerenze russe nelle elezioni Usa del 2016, fosse un complotto operato niente meno che da Renzi e Obama. William Barr, allora procuratore generale, si reca a Roma per indagare sul caso. In particolare il 15 agosto 2019 partecipa a una misteriosa cena con il capo del Dis Vecchione, rivelata da un'inchiesta di «Repubblica» e a cui Conte non aveva mai fatto cenno e di cui dice di non sapere nulla; il che sarebbe ancora più grave, perché vorrebbe dire che o ha mentito Conte o ha mentito Vecchione, o hanno mentito entrambi. Un episodio gravissimo anche dal punto di vista istituzionale: il protocollo infatti avrebbe voluto che Barr incontrasse il suo omologo Bonafede e non certo il capo dei servizi. Attenzione poi alle date: perché il 27 agosto, mentre Conte si trovava a combattere per restare Presidente del Consiglio, arriva l'endorsement di Trump, che definisce «Giuseppi» uomo di grande talento, augurandosi che resti premier. Un ringraziamento per le informazioni fornite a Barr? Chissà.

Ma l'ambiguità di Giuseppi non si ferma al rapporto con Trump. Molto dovrebbe chiarire anche sulla tristemente famosa missione dei russi a Bergamo, quando permise l'arrivo di un contingente militare da Mosca, per cui l'Italia ha pagato 3 milioni di euro, senza che tuttavia tale spesa fosse giustificata da un aiuto significativo nella lotta al Covid. A cui si aggiunge il mistero dei 100 nominativi dei militari che non si trovano nei registri ufficiali. Il sospetto è che lo scopo di Putin fosse quello di accedere a informazioni riservate e che il premier Conte, magari inconsapevolmente, lo abbia permesso. E ancora, sul suo rapporto con i cinesi: dalla via della Seta, il ridicolo accordo commerciale firmato con Pechino, alla gestione Covid, con le tristemente celebri mascherine cinesi non filtranti acquistate da Arcuri, ai respiratori farlocchi. Sarà per questo che il M5s si oppone a una commissione d'inchiesta sulla gestione del Covid?