senza precedenti

Anche Mario Draghi dice le bugie. Il piano del governo è a metà e non si è mai vista un'autocandidatura

Angelo De Mattia

È improprio parlare di missione compiuta, se ci si riferisce al programma del Governo non limitato ai primi 8/9 mesi. A differenza di quanto è stato osservato a proposito della conferenza stampa di Mario Draghi, solo uno spezzettamento di un necessario predeterminato cronoprogramma può motivare il presunto assolvimento del mandato. Basti solo pensare agli adempimenti da affrontare per conseguire l'effettiva erogazione, per il Piano nazionale di ripresa e resilienza, dei primi 24 miliardi del Next Generation Eu, ai target e agli investimenti da realizzare, entro il prossimo giugno, per la seconda tranche di aiuti, all'attuazione di una serie di leggi-delega, a cominciare da quelle per la riforma fiscale e perla revisione della normativa sulla concorrenza, agli impegni in sede europea, quale quello, fondamentale, per la revisione del Patto di stabilità. In particolare, le leggi in questione non costituiscono neppure una metà delle riforme dei rispettivi comparti, sia per la genericità, in parte, della delega, sia per le omissioni e i rilievi che esse presentano, per cui la vera revisione, per ciascun settore, sarà quella che si realizzerà con i decreti legislativi da predisporre dal Governo - rimediando nei limiti del possibile alla genericità in questione- e da sottoporre, quindi, al parere del Parlamento. Queste misure non esauriscono, di certo, l'agenda del Governo, soprattutto se si ha presente la missione principale che riguarda in senso strettamente tecnico la «salus Reipublicae», l'azione di contrasto della pandemia che richiederà una guida salda, in continuità con quanto finora è stato fatto e non sempre nel migliore dei modi, ma anche per migliorare gli interventi in base all'esigenza di adottare quelle misure che fossero imposte dall'evoluzione del covid.

 

  

 

Poi la politica economica e di finanza pubblica non diventa clandestina, soprattutto dopo una deludente legge di bilancio, pure per le necessità dei prescritti confronti in sede europea, non per ultimo anche in materia bancaria e finanziaria. Insomma, si può parlare di alcuni obiettivi parzialmente conseguiti, ma non certo di missione adempiuta. Nella conferenza stampa citata, Draghi è apparso quasi voler assumere la veste di un novello Cincinnato, ma nella fase in cui del console romano, poi nominato «Dictator» quando aveva oltre ottanta anni quindi certamente un «nonno», veniva invocato il rientro nella vita politica. Al di là delle molteplici forme di esegesi sul ricorso alla figura del «nonno a disposizione delle istituzioni», bisogna pure osservare che si tratta della prima volta nella storia della Repubblica in cui, sia pure con alcuni bilanciamenti concettuali, un personaggio si candida, di fatto, pubblicamente alla carica di Capo dello Stato. Sia chiaro: in passato qualche caso di autocandidatura si è avuto, come con Giuseppe Saragat, ma ciò è avvenuto nelle consultazioni tra partiti e anche adducendo un'alternanza tra personaggi di espressione cattolica e personaggi di estrazione laica, con alle spalle, nel caso citato, una lunga opposizione al fascismo.

 

 

Per di più, non è facile accettare una sorta, sia pure espressa con sapiente «low profile» e levità di frasi, di «après moi le déluge», se le cose non andranno come spera l'autocandidato perché, per esempio, si rompe l'attuale maggioranza di governo. Insomma, dopo la conferenza-stampa, vi sarebbe per tutti la necessità di riflettere, ivi incluso Draghi. Se l'esempio da seguire è quello di Sergio Mattarella e della sua splendida presidenza, come giustamente ha detto il premier, allora Mattarella va imitato in tutto, anche nella fase antecedente la sua elezione al Colle, quando l'autocandidatura era lontana mille miglia da lui che serviva lo Stato, senza scalpitare per altre cariche, dal prestigioso ruolo di giudice della Consulta. Non si può trarre da una straordinaria esperienza soltanto ciò che al momento può far comodo o serve esclusivamente a mostrare gratitudine.