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Ddl Zan, dietro alla tagliola la trattativa per il Colle: prove generali di Quirinale

Si scrive ddl Zan, si legge Quirinale. Nei palazzi della politica romana il pensiero è quasi unanime: l'affossamento della legge contro l'omotransfobia è "l'agnello sacrificale" (copyright di un big M5S) da portare all'altare delle trattative per il nuovo capo dello Stato. Ora che la 'tagliola' ha spezzato i sogni di gloria dell'asse giallorosso le analisi si sprecano, così come il reciproco scambio di accuse. Da un lato Lega e Italia viva puntano il dito contro "l'arroganza" del Partito democratico di voler forzare la mano e non aprire una trattativa. Dall'altro i dem se la prendono con l'ex segretario Matteo Renzi, avanzando il sospetto che più di un senatore di Iv abbia sì votato compattamente, ma a favore della pregiudiziale proposta dal Carroccio e FdI.

Qualcuno, a taccuini chiusi, ragiona in questi termini in casa dem: "Renzi ci aveva detto da mesi che se non fossimo scesi a patti non c'erano i voti in Parlamento. Aveva ragione lui, ma sono i suoi voti a essere mancati". Un'accusa che non piace per niente all'ex premier, che dall'Arabia Saudita ragiona con i suoi: "Chi polemizza sulle assenze dovrebbe fare i conti con i 40 franchi tiratori. La responsabilità di oggi è chiara: e dire che per Pd e M5S stavolta era facile, più facile dei tempi di 'o Conte o morte'. Non importava conoscere la politica, bastava conoscere l'aritmetica". I Cinquestelle, a loro volta, sono imbufaliti con Iv, ma qualcuno se la prende anche con i dem. Come Alessandra Maiorino, che sul ddl Zan ha speso mesi di impegno: "Io sono nuova al Senato, questo è il mio primo mandato e trovo tutto molto strano. Abbiamo lasciato che le cose venissero condotte da chi aveva più esperienza e credibilità di noi nel mondo Lgbt, come il Pd, e questo è stato l'esito".

  

In casa pentastellata, poi, c'è chi parla di "brutta pagina della storia italiana" come Giuseppe Conte e chi, come Luigi Di Maio, crede poco alla tesi della trattativa avanzata dal centrodestra, "a mio parere aveva solo interesse a far saltare la legge, non a trovare un buon compromesso", chiosa. Il ministro degli Esteri annusa l'aria e infatti manda un 'consiglio' a Silvio Berlusconi: "Si guardi bene dai suoi compagni di viaggio, che non gli stanno dicendo la verità. Mi ricorda la Tela di Penelope: la mattina gli fanno credere che va al Quirinale, la sera lavorano per affossarlo". Per poi essere ancora più esplicito dallo studio di 'Porta a porta': "Stia attento a Salvini e Meloni perché lo stanno prendendo in giro per il Colle". Non si scappa, la partita è quella lì: molti parlamentari interpretano il ko della legge Zan come l'antipasto per chi continua a ripetere che nelle trattative per la scelta del nuovo presidente della Repubblica si può comporre un asse che tenga fuori il centrodestra, ma anche Renzi e Carlo Calenda.

Lo confermano anche le parole di Pierluigi Bersani: "Temo che sia una prova generale per il quarto scrutinio per il Quirinale". Del resto, dalla partita giocata in Senato esce un altro dato incontrovertibile: il centrodestra, con tutte le sue crepe e divisioni interne, è rimasto compatto fino alla fine, portando a casa l'obiettivo. Per una volta, come non accadeva da mesi, è saltato lo schema e non c'è stata più la dicotomia tra chi è al governo e chi all'opposizione, Lega-FI-FdI hanno marciato e colpito insieme. Un messaggio chiarissimo, ma che apre più di un dubbio sulla tenuta della coalizione che sostiene il governo Draghi, anche in vista della legge di Bilancio, non solo della partita per il Colle. "Credo sia il caso di smetterla di fare giochetti - tuona Di Maio -. C'è chi sta guardando al Quirinale per creare un'altra crisi politica. Invece non dobbiamo pensare a una crisi, ma a una guida solida del Paese". La guerra di nervi è solo all'inizio.