lo scontro

Smart working, scoppia la guerra sulle nuove regole: tutti divisi

Pietro De Leo

Tutti divisi sullo smart working. Le aziende cominciano a organizzare il lavoro agile per settembre ma molti dipendenti protestano. Non c'è accordo su giorni e orari da passare in ufficio. Resta, soprattutto, il nodo delle tutele, che sarà discusso subito dopo le ferie dal governo con i sindacati. Anche se, secondo le ricerche, il rientro in ufficio farebbe aumentare il Pil.

I mesi di lockdown hanno ridisegnato l'organizzazione del lavoro, con la formula dello «smart working» divenuta preponderante sia nel pubblico che nel privato. Ora, le prospettive della gestione del lavoro a distanza, man mano che le aziende sfilano e rivedono i loro piani, potrebbe aumentare le conflittualità tra imprese e lavoratori. Specie per quanto riguarda organizzazione della divisione temporale tra l'espletamento dei propri compiti a casa e in ufficio. Questo, infatti, è uno dei nodi fondamentali, che rischia di diventare gravoso specialmente per quanti non vivono più nella sede di lavoro e magari devono affrontare un calendario che prevede giorni alternati tra la propria residenza e l'azienda. Un tema logistico e organizzativo non da poco, e che potrebbe acuirsi di qui in avanti. Peraltro, dinamiche del genere si sono già innescate anche in altri Paesi del mondo. E dal confronto che si è innescato in alcune aziende possiamo già trarre una lezione preventiva del tipo di dibattito che si innescherà anche da noi.

  

Negli Stati Uniti, per fare un esempio, il dibattito interno alla gestione delle multinazionali molto fervente. La Apple sta attraversando un momento di conflittualità tra azienda e dipendenti. Questi ultimi, infatti, mal sopportano modello «misto» pianificato per settembre. In base a questo schema, che si alterna in cicli da tre giorni alla settimana, una parte dei dipendenti lavora da casa e una parte in azienda. Al centro della contesa c'è proprio la quota da trascorrere in ufficio, inevitabile a meno ci comprovati motivi di salute. Amazon invece, visto l'infuriare della variante Delta, ha deciso di prorogare lo smart working fino al 2022, almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti, e rimangono al momento nel cassetto le intenzioni di tornare ad un'architettura organizzativa basata sul lavoro in ufficio. Si portano avanti, invece, Facebook e Google.

Entrambe le multinazionali prevedono il ritorno a lavoro tra la fine dell'estate e l'autunno, contemplando però l'obbligo vaccinale. La formula dello smart working, oltre a contemplare la necessità di una normativa nuova (specie per quanto riguarda l'assegnazione dei premi aziendali), interviene sulla prospettiva economica. Su questo, vari studi analizzano complessi aspetti della vicenda. Secondo Mazziero Reserach, ad esempio, un denim in ufficio potrebbe influire positivamente sul pil, portando anche ad un +2% ulteriore rispetto le felici prospettive quantificate per il nostro Paese. Affronta il tutto da un'altra prospettiva, invece, Coface, secondo cui lo smart working potrebbe essere lo strumento utile per l'inclusione sociale dei Paesi in via di sviluppo, con un coinvolgimento potenziale (a distanza) di 330mi1a addetti.

Questo, tuttavia, potrebbe però cambiare la dinamica delle relazioni sindacali nei Paesi più sviluppati, ed incidere sul costo del lavoro. Uno schema che, per quanto tradotto in una connotazione meramente domestica, potrebbe riguardare il cosiddetto «southworking», ossia il ripopolamento delle aree meridionali o più periferiche del nostro Paese consentendo il lavoro a distanza, per quanto però tutto ciò abbia come presupposto l'ammodernamento delle strutture digitali.

Fin qui, l'ottica dei numeri improntati sul contesto lavorativo. Se invece si va a considerare l'impatto sui lavoratori, viene in aiuto uno studio linkedin, calcolato nei mesi scorsi dopo due mesi di lockdown. Ebbene, con lo smart working, su una platea di 2 mila lavoratori interpellati, il 46% lamenta più ansia e stress. Il 48% ammette di rimanere al chiodo almeno un'ora in più al giorno, che significa ben tre giorni ulteriori ogni mese.