retroscena

"Davigo mi ha fatto il nome di Ardita", Morra svela la verità sui verbali segreti

Giorgia Peretti

Dopo il caso Palamara, una nuova bufera si sta abbattendo sulla magistratura. Si tratta del caso della Loggia Ungheria, al centro del dibattito della puntata di domenica 9 maggio di Non è l’Arena, il talk di approfondimento condotto da Massimo Giletti su La 7. Si indaga su alcuni verbali che svelerebbero l’esistenza di una presunta associazione segreta in grado di condizionare alcune nomine e influire su alcune decisioni. Per ora sarebbero solo ipotesi ma la vicenda vede protagonista Piero Amara, l’ex avvocato dell’Eni condannato e inquisito per i depistaggi contro l'Eni e per alcuni episodi di corruzione in atti giudiziari. Stando a quanto riporta Amara la loggia era costituita da quaranta nomi, tra cui politici, magistrati, imprenditori, avvocati e vertici della polizia.  

 

  

 

 

Le copie del materiale vengono consegnate anche al consigliere del Csm, Piercamillo Davigo. Della questione se ne parla informalmente ma le carte restano nel suo ufficio e poco dopo il pensionamento arrivano senza alcun timbro ufficiale ai giornali. La procura di Roma apre un'inchiesta e mette sotto accusa la segretaria di Davigo stesso, Marcella Contraffatto. Un magistrato indagato, Paolo Storari. Un altro, Piercamillo Davigo, nei prossimi giorni potrebbe essere sentito come testimone.

Ma negli studi di Non è l’Arena emergono nuovi elementi utili a comprendere l’intricato caso che sta mettendo in grande crisi la magistratura. Perché non è stata seguita la procedura riservata per queste occasioni?, chiede l’inviata a Davigo. “E' stato portato in modo riservato, nell’unico modo in cui si poteva fare. La procedura della circolare 510 considera situazioni normali non situazioni drammatiche come questa. La delicatezza della situazione faceva si che una raccomandata avrebbe creato problemi di segretezza", risponde il consigliere.

 

 

Il presidente della commissione antimafia, Nicola Morra in studio da Giletti afferma che Davigo gli avrebbe mostrato il contenuto dei verbali: “Io ho cercato di ragionare con Davigo e Ardita, ho chiesto a Davigo un’udienza e ho notato che nei confronti del dottor Ardita c’era una certa diffidenza, una certa chiusura. Io sono stato invitato a fuoriuscire dal suo studio perché me li ha mostrati nella tromba delle scale del palazzo del Csm. Mi è stato mostrato un faldone di carte, non ricordo affatto di aver visto firme ma in cui ho letto il nome del dottor Ardita.”

"Solo il nome di Sebastiano Ardita ha letto?", Incalza Giletti. “Sì uno e uno solo quello di Ardita. Perché si stava ragionando sul dottor Ardita” conferma Morra poi continua: “A me è stato detto che c’era un collaboratore che in una procura del nord sta rilasciando delle dichiarazioni sull’appartenenza di Sebastiano Ardita ad una loggia massonica.”

Il presidente della commissione Antimafia, nello studio di Non è l’Arena, però si spinge oltre ipotizzando che la presunta tensione tra i due fosse dovuta alla scelta del capo della procura di Roma: “Con la nomina a capo della procura di Roma c’è stata una rottura pubblica. Dopo la bocciatura della prima terna si è arrivata ad un’altra scelta con una spaccatura delle correnti tra Ardita e Davigo. Da questo punto di vista credo ci sia stata la tutela da parte del dottor Davigo di mettermi al corrente dei fatti” – conclude Morra.