Governo, Pd e M5s provocano la Lega che non deve cadere nella trappola

Pur riconoscendo al leader della Lega Matteo Salvini la legittimità delle sue posizioni in merito al dissenso sul controverso coprifuoco delle 22, che si è materializzato con l'astensione degli esponenti leghisti in Consiglio dei ministri, occorre evitare di propiziare un Papeete 2, innescando una irreversibile crisi politica. Dopo aver aderito all'appello del Capo dello Stato Sergio Mattarella, sul governo di salvezza nazionale, dissociarsi dal percorso di unità istituzionale significherebbe proiettare sul Carroccio l'ombra di una pubertà politica che non riesce a completare la maturità di una responsabilità di governo. Aggiungere, nell'arco di soli due anni, un altro trauma istituzionale nella biografia della Lega,  considerando il precedente lacerante dell'esperienza gialloverde, può prestare il fianco agli avversari che avrebbero facili argomenti per imbastire una narrazione anti-salviniana.

Uscire dal perimetro di governo potrebbe avere tre effetti penalizzanti per il futuro del centrodestra e di Salvini: agevolare la formazione di una maggioranza "Ursula" con l'intesa fra i partiti (Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Forza Italia) che votarono l'attuale presidente della Commissione europea, con i berlusconiani attratti nell'orbita di un'alleanza che ha interesse a dotarsi di un ancoraggio moderato, rinunciare alla partita che decreterà il prossimo inquilino del Colle e, pertanto, correre il rischio di essere percepito dall'elettorato come irrilevante e con una vocazione a destabilizzare il quadro di governo. Non penso che faccia comodo al leader della Lega essere associato alla figura di Bertinotti che nel 1998 sfiduciò il governo presieduto da Romano Prodi, tanto che quest'ultimo in un'intervista al Corsera ne ha esplicitato l'affinità. Il segretario del Pd Enrico Letta continuerà a provocare la reazione della Lega, indossando felpe di Ong impegnate in controversie giudiziali con Salvini, proponendo la cittadinanza facile per gli stranieri ed esibendo un'agenda divisiva con l'intento di minare i rapporti interni alla maggioranza. Anche l'ex premier Conte ha manifestato ostilità alla Lega, accusandola di simulare l'opposizione al governo, nel tentativo di eccitare la tensione nella maggioranza "draghiana" con l'intento di liberarsi dell'alleato scomodo.

  

Tuttavia, non bisogna cadere nella trappola, palesando atti divergenti dall'esecutivo che potrebbero indurre Forza Italia a consolidarsi nell'alleanza di governo. L'elettorato produttivo del nord, così come quello più assistito del sud, rivendica una rappresentanza politica che riesca ad incidere sulle priorità progettuali finanziate dal Recovery Fund e per farlo occorre essere organici all'iniziativa di governo, condizionandone dall'interno gli orientamenti.

Sulla Lega sta agendo anche la pressione della Meloni, che guadagna consensi nella solitaria condotta oppositiva al premier Draghi, che può, diversamente da Salvini, eccedere nella linea della contrapposizione politica e captare il dissenso che si origina dalla crisi congiunturale. Tuttavia, per il leader del Carroccio, dopo aver accolto l'esortazione del presidente Mattarella, sarebbe tortuoso rioccupare la retrovia politica, assecondando la strategia del Pd, che punta ad isolarlo, e rincorrendo FdI, che presidia il campo dell'opposizione e può permettersi un'escalation conflittuale. Tanto è vero che la mozione di sfiducia contro Speranza ed il coprifuoco, essendo iniziative non confortate dai numeri parlamentari, sono atti da cui ricavare un dividendo politico per accreditarsi all'opinione pubblica. Il vero leader deve avere l'ambizione di guidare i processi politici e non subirne le traiettorie da altri messe in moto.