delirio

Beppe Grillo, il caso del video sul figlio fa tremare pure il governo

Il "caso Grillo" piomba come un macigno sugli equilibri già precari della maggioranza. A far scoppiare la polemica è un'intervista della sottosegretaria M5S alla Giustizia, Anna Macina, che pur comprendendo "l'urlo di dolore di un papà", non lesina bacchettate al garante della sua forza politica per quel video, che "doveva essere evitato". Ma è un altro passaggio a esplodere come una bomba nel dibattito politico. Per Macina, infatti, "non si capisce se Bongiorno parla da difensore (che ha quel video), o da senatrice che passa informazioni al suo capo di partito di cui è anche difensore", facendo leva sul doppio ruolo di legale della giovane accusatrice di Ciro Grillo e i 3 suoi coetanei, e di senatrice della Lega di Matteo Salvini. "Mi ha gelato sentirla dire che porterà il video di Beppe in Tribunale, lasciando intendere che il comportamento del papà ricadrà sul figlio. Cosa vuole fare, il processo alla famiglia? Rabbrividisco", affonda il colpo l'esponente M5S.

La reazione dell'ex ministra della Pa arriva quasi in tempo reale, e non è certo un'offerta di pace: "Il sottosegretario alla Giustizia lede gravemente la mia immagine di essere umano, prima ancora che di avvocato, nel provare a insinuare che io abbia reso noti a chicchessia atti del processo" e "dovrà rispondere di queste affermazioni farneticanti in sede giudiziaria". In poche ore la situazione diventa sempre più calda, al punto che il Carroccio chiede "dimissioni immediate" di Macina, perché "ipotizzare che Salvini abbia visto il video di Ciro Grillo attraverso l'avvocato Giulia Bongiorno è inaccettabile". Poco dopo è Forza Italia a picchiare duro, invocando l'intervento del ministro, Marta Cartabia, durante le dichiarazioni di voto sul Def alla Camera: "FI non si sente rappresentato dal sottosegretario".

  

La situazione diventa incandescente, così la stessa Macina prova a spegnere qualche focolaio: "Le mie parole erano, e sono, un invito a sgombrare il campo da equivoci e ambiguità su una vicenda rispetto alla quale non mi sono mai permessa di entrare nel merito ma che non deve essere politicizzata". Per questo si dice "stupita dal polverone che ne è nato, da parte mia nessuna accusa ma un semplice interrogativo, sorto dopo alcune dichiarazioni a mezzo stampa del senatore Salvini. Solo la richiesta di chiarezza e trasparenza". Tentativo che va a vuoto. La Lega affonda ancora di più il colpo chiedendo a Cartabia di "licenziare" la sottosegretaria. E lo stesso leader del Carroccio a colpire: "Macina come Grillo: si vergognino per gli attacchi alle donne e si dimettano".

La crepa nella maggioranza si allarga fino a Italia viva. "È intollerabile che approfitti del suo ruolo istituzionale per mera piaggeria nei confronti del suo capo, Beppe Grillo", dice in aula il senatore Giuseppe Cucca, mentre tra i banchi di Palazzo Madama anche Matteo Renzi presenzia fino alla fine dei lavori per criticare il comportamento di Macina. Nel tardo pomeriggio, poi, arriva l'incontro tra la ministra Cartabia e la sua sottosegretaria. Un faccia a faccia breve ma intenso, circa 3 minuti. Da fonti via Arenula trapela che la Guardasigilli ricorda all'esponente pentastellata di governo che "una posizione istituzionale richiede il massimo riserbo sulle vicende giudiziarie aperte". Da ambienti della maggioranza, poi, arrivano altri particolari dell'incontro, che sarebbe stato molto chiaro ma cordiale, nel quale Macina avrebbe "chiarito l'equivoco", perché con la sua intervista "voleva semplicemente invitare tutti a fare un passo indietro" ma senza voler interferire né sollevare vespai. Resta comunque in piedi la discussione sul tema del doppio ruolo: avvocato e senatrice. Segno che la storia non finisce qui.