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Muore Raffaele Cutolo e Roberto Saviano va nel pallone

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Appena saputo della morte di Raffaele Cutolo, il capo della Nco (Nuova camorra organizzata), Roberto Saviano ha aperto subito una diretta Instagram andando quasi nel pallone per l'emozione. Quasi avesse perso una persona cara. Non riusciva a mettere in piedi un discorso di  senso compiuto, smozzicando frasi interrotte, e poi passando a vedersi nello specchio del telefonino e raccontando la sua barba brizzolata. L'autore di Gomorra, oggi firma di punta del Corriere della Sera, ha esordito spiegando di essere addirittura emozionato: “Mi ha colpito la morte di Raffaele Cutolo. Mi ha colpito perché mi sono confrontato tutta la vita con questo boss. L'ho studiato da bambino, ascoltato continuamente eh... È la morte di un grande capo,  di un criminale violentissimo e voglio provare insieme a mettere ordine”. Così spiega che Cutolo è il solo che ha voluto dare un nome all'organizzazione criminale che ha guidato: “sembrava autorevole chiamare quella organizzazione Nco”. Poi dice- chissà perché - che “la morte di Cutolo crea un corto circuito nella mia vita. Perché è stato un capo sempre in carcere, tranne un brevissimo periodo in cui evase dal manicomio di Aversa. Sempre in carcere... Ora sarà difficile per chi mi sta ascoltando pensare che qualcuno possa comandare senza mai uscire dal carcere. Allora non stai davvero comandando. Falso. Questa è una ingenuità di chi non sa come funzionano le regole”. Saviano sostiene che proprio dal carcere Cutolo aveva rapporti più semplici per condizionare la politica, perché quando qualche democristiano veniva accusato di contiguità, rispondeva: “Io? Ma se Cutolo è in carcere...”. Poi racconta il libro che lo ha formato su Cutolo: “Il Camorrista” di Joe Marrazzo che poi Giuseppe Tornatore trasformò in film: “per il mio Gomorra debbo molto a quel testo”...

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