la vignetta della vergogna

Post antisemita, bufera su consigliera 5 stelle a Torino

Un post apparso in tarda serata su Facebook. Una vignetta con i nomi di tutte le testate appartenenti al gruppo editoriale Gedi e, accanto, le caricature di due uomini con naso pronunciato e Kippah, una delle due figure con un coltello insanguinato nascosto dietro la schiena e la Stella di David disegnata sulla giacca. Caricature razziste tristemente note con le quali tra la fine dell’800 e l’inizio del ’900 venivano raffigurati gli ebrei. E il commento: «Interessante».

Così è partita la bufera che ha travolto la consigliera M5S del Comune di Torino Monica Amore. Immediata la risposta del direttore di La Stampa, uno dei quotidiani che fa capo al gruppo Gedi, tramite un video pubblicato sul sito nel quale definisce la consigliera «infame e indegna» e chiede alla sindaca Chiara Appendino e ai vertici del Movimento 5 stelle di esprimersi e dare risposte.

  

Non è la prima volta che i media italiani vengono colpiti da vicende di questo genere. Nel 2011, per esempio, l’allora presidente del Gruppo L’Espresso Carlo De Benedetti finì, insieme a Gad Lerner, Roberto Saviano, Paolo Mieli e Clemente J. Mimun, in una blacklist dell’odio antisemita. Non sembra però questo il caso della consigliera pentastellata. Che subito rimuove il post e si scusa pubblicamente. Uno scivolone, in pratica, quello di Amore. Che, in buona sostanza, racconta a LaPresse di non essersi accorta delle due caricature e che mai avrebbe pubblicato il post se le avesse viste. Una «svista», quindi, un «peccato di superficialità» dettato anche dall’ora tarda di pubblicazione, spiega.

«Chi mi conosce sa che non sono razzista e voglio bene a ogni essere umano, senza distinzione di genere, condizione sociale, religione o colore della pelle - scrive la pentastellata -. Ho cancellato il post precedente perché quei giornali che volevo criticare hanno usato un dettaglio dell’immagine, a cui neanche avevo fatto caso, per deligittimare il ragionamento sul problema, che esiste, della concentrazione nella mani di pochi dell’intera informazione in Italia». Poi, le scuse: al M5S, «al centro della strumentalizzazione», a «tutte le persone di origine o religione ebraica che si sono sentite offese o discriminate o alle quali quel dettaglio ha ricordato la pagina più nera della storia del Novecento», e alla famiglia Elkann, che controlla il gruppo Gedi, perchè «non era mia intenzione evocare una storia del passato, dolorosa e offensiva».

Le sue parole, però, vengono poi oscurate. Amore decide di modificare la privacy del suo profilo a causa dei pesanti insulti ricevuti: «Mi danno della schifosa, della fascista, della bestia, della bastarda. È una cosa terribile a livello umano». Il post viene condannato pubblicamente da tutte le parti politiche. Ovviamente anche dai Cinquestelle, partendo dalla sua sindaca Chiara Appendino che lo definisce «grave e del tutto inaccettabile». «È giusto - commenta rassegnata Amore -, lei ricopre un ruolo. Ma mi conosce bene, sa che l’intenzione era un’altra».

E poi il M5S Torino, che definisce quella della consigliera una «disattenzione grave, che non rispecchia minimamente il pensiero nostro e della protagonista, la cui umanità è nota a tutti coloro che la conoscono». Per finire con Luigi Di Maio, che prende atto delle scuse ma che considera «in ogni caso gravissimo e inaccettabile il post pubblicato e successivamente eliminato». Se ci saranno conseguenze, la pentastellata non sa dirlo: «Non so cosa succederà».