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Preside sotto inchiesta, scelta autoritaria e incomprensibile. Adesso la Azzolina chieda scusa

Francesco Storace

Franco Bechis la deve smettere di raccontare la verità, a partire dalla scuola. Perché in qualche dpcm di Giuseppe Conte devono aver scritto che Il Tempo e gli articoli del suo direttore non meritano like su Facebook, né condivisione. Soprattutto se si insegna nella scuola pubblica. 

Ora ci sono i Cinque stelle al governo e i tribunali popolari si sono annidati pure al ministero dell’istruzione. La storia del professor Alfonso D’Ambrosio sembra provenire dall’Urss di un tempo. Dove però era più difficile scovare i professori non allineati se non grazie a spie di classe. Ora bastano gli uomini social sempre attivi e se uno si azzarda al commento non gradito dai superiori ecco subito arrivare la mazzata.

  

 

Alla direzione scolastica regionale del Veneto c’è una dirigente preposta agli interventi di natura disciplinare, si chiama Mirella Nappa. A costei qualcuno deve aver affidato la ghigliottina contro D’Ambrosio, reo di esporre il suo pensiero, sempre in maniera educata, sulle politiche del ministro Lucia Azzolina. La cui servitù politica è intervenuta, manco la scuola fosse cosa loro.

Tra i vari episodi contestati al professore, uno riguarda il nostro giornale, e lo ha portato in Parlamento il deputato leghista Sasso. Bechis, in un suo documentato editoriale, aveva dimostrato la drammatica situazione dei contagi da Covid nelle scuole italiane, subito dopo la riapertura post feriale. La Azzolina non aveva gradito, e non avendo (ancora) un dirigente preposto a richiamare all’ordine un giornalista informato, aveva prima insolentito Bechis sui social parlando di fake news e poi gli aveva scritto una lettera a cui il direttore aveva risposto come meritava un ministro disattento.

Ebbene, tutto questo è stato condiviso dal docente del comprensorio che comprende anche il comune di Vo’ – sì, proprio quel paese veneto che dopo la pandemia deve fare i conti anche con Lucia Azzolina – sul proprio profilo Fb. Beccandosi l’ammonimento del regime: «La S.V. ha condiviso un articolo, tratto dalla versione on line della testata “Il Tempo”, dal titolo “La Azzolina ci accusa di fake news. Ma è lei che ha mentito agli italiani”, in cui tra l’altro è così scritto dal suo autore: “Ieri avevo espresso un dubbio sul Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, scrivendo “o è incapace o è in malafede"». 

Orrore, non si può condividere un articolo di tal fatta da parte di chi ti segue su Fb. Bisogna stare solo a mani giunte in adorazione della Azzolina.

Poi, l’ultima chicca ministeriale. Qualcuno deve aver fatto notare al ministro che queste cose fanno un po’ schifo e la Azzolina, che teme più Matteo Renzi che una brava persona come D’Ambrosio, deve aver pensato che in tempi di possibile rimpasto non conviene fare la dura.

E così si è cimentata in una sperticata quanto fasulla e ipocrita difesa dell’articolo 21 della Costituzione sulla libertà di pensiero, in modo da tentare di scansare da sé il dubbio di essere stata la mandante di madame Nappa.
Per essere credibile, la Azzolina dovrebbe mostrare la lettera di trasferimento di una dirigente che la espone ad una figura così barbina. Che ovviamente non esiste ancora.

Ma ha tempo per scriverla, almeno fino al 26 gennaio, quando si terrà alle 12 l’udienza disciplinare presso l’ufficio scolastico regionale Venezia-Mestre per decidere il destino dello sventurato «amico» di Facebook. Quasi quasi potremmo organizzare una festicciola di solidarietà in loco anche noi de Il Tempo. Con Bechis in prima linea a insegnare alla Corte il significato delle parole verità e libertà.

Se riportare sui social i contenuti di una polemica giornalistica rappresenta «grave violazione dei doveri e della correttezza inerenti al rapporto di lavoro, tale da cagionare altresì un grave danno d’immagine alla Pubblica Amministrazione» (è la contestazione) siamo oltre la soglia del consentito in una democrazia. 

Non dovrebbe ancora essere vietato leggere un giornale e apprezzarne gli articoli. Se al ministero dell’Istruzione e alle sue articolazioni regionali Il Tempo non garba, sarà un motivo in più per occuparci di loro oltre che di Lucia Azzolina.

Perché non si intimidisce una testata, e soprattutto non se ne penalizzano i suoi lettori. Semmai siamo noi ad attenderci le scuse del ministro per una indegna rappresaglia. Che sono dovute, perché è evidente che al manovratore disturbano le notizie sui contagi Covid nelle scuole, documentati sulla base di dati ufficiali. Ma se la risposta ministeriale è questa – ovvero minacciare chi ci segue – disturberemo ancora di più il manovratore.
Notazione finale. L’incredibile procedimento è stato aperto su segnalazione del «Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del ministero». Che divisa indossano costoro? Sono i nuovi vopos della burocrazia chiamati a sorvegliare, vigilare, pedinare i nostri professori? Anche qui una risposta – garbata – sarebbe gradita.