covid di fine anno

Niente feste e veglioni. Conte vuole un Natale sobrio

Sarà un Natale particolare, certamente difficile e molto diverso da quello a cui siamo abituati. Il premier, Giuseppe Conte, lo ribadisce per l’ennesima volta, annunciando una festa «più sobria». Insomma, niente cene con tutti i parenti, perché «veglioni, baci e abbracci non saranno possibili». La parola d’ordine, come da mesi a questa parte, è buonsenso: «una settimana di socialità scatenata significherebbe pagare a gennaio un innalzamento brusco della curva e non ce lo possiamo permettere. Festoni e festini non sono pensabili». Conte non fa previsioni, ma d’altra parte, spiega, neppure gli scienziati si avventurano a dire come sarà la situazione a fine dicembre. Bisogna arrivare più in là con il calendario «e dosare gli interventi: noi certamente ci stiamo preparando a vari scenari». Anche il coordinatore del Comitato tecnico scientifico, Agostino Miozzo, è sulla stessa linea: «Sono abituato a Natale a fare il cenone con 20 persone, ma quest’anno non si può». Per Miozzo il quadro non è nerissimo, è possibile che in alcune aree si riapra qualcosa già dal 3 dicembre. Ma niente «liberi tutti»: averlo fatti in estate ha portato a «conseguenze durissime. Quindi anche per lo shopping speriamo di non vedere quelle scene di resse nei negozi per accaparrarsi offerte, non ce lo possiamo permettere».

La Fondazione Gimbe, nel consueto monitoraggio settimanale, vede intanto «segnali di rallentamento» nella curva, ma con alcune criticità: su tutte i 4.134 morti tra l’11 e il 17 novembre e le difficoltà delle terapie intensive. Le vittime da coronavirus sono cresciute del 41,7% rispetto alla settimana precedente (4.134 contro 2.918). Per quanto riguarda gli ospedali, la soglia di occupazione del 40% definita dal ministero della Salute per pazienti Covid nei reparti di area medica è stata superata in 15 Regioni e quella del 30% nelle terapie intensive in 17. Se le rispettive medie nazionali hanno raggiunto il 51% e il 42%, in diverse Regioni i valori sono molto più elevati e alcuni ospedali sono allo stremo anche perché, spiega il presidente della Fondazione, Nino Cartabellotta, «i pazienti Covid stanno progressivamente "cannibalizzando" i posti letto di altri reparti limitando la capacità di assistere pazienti con altre patologie».

  

«Per interpretare correttamente i termini "rallentamento", "raffreddamento", "frenata" che nell’ultima settimana hanno invaso anche la comunicazione istituzionale - spiega Cartabellotta - è indispensabile sottolineare la netta differenza tra l’incremento percentuale dei nuovi casi e il loro aumento in termini assoluti. Altrimenti, si finisce per "torturare i numeri sino a farli confessare", enfatizzando timidi miglioramenti per limitare restrizioni e legittimare riaperture». Le misure di contenimento introdotte, spiega Cartabellotta, non hanno "appiattito" la curva dei contagi, che invece continua a salire anche se meno velocemente, così come quella dei ricoverati con sintomi e delle terapie intensive. Il contagio, in sostanza, è «come un’automobile che, dopo avere accelerato la corsa per settimane (incremento percentuale dei casi), ora viaggia ad una velocità molto elevata ma costante (numero di casi settimanali), nonostante abbia ridotto l’accelerazione». Anche per Cartabellotta in questo scenario, tenendo conto dell’attuale livello di sovraccarico di ospedali e terapie intensive e della crescita esponenziale dei decessi, «ipotizzare un allentamento delle misure con l’obiettivo di salvare il Natale, rischia di avere conseguenze molto gravi, sia in termini di salute delle persone che di vite umane». Il Covid mette così a rischio 2,6 miliardi di euro di consumi alimentari solo per la spesa del cenone della Vigilia e del pranzo di Natale, secondo un calcolo del Codacons, che sottolinea: «L’emergenza sanitaria e le limitazioni alle feste in casa allo studio del Governo rischiano di abbattere drasticamente la spesa legata alle festività natalizie, con i consumi alimentari che potrebbero calare almeno del 5% rispetto allo scorso anno, con effetti pesanti per il made in Italy e per le imprese del settore».