l'ultimo flop del premier

Coronavirus, le Regioni mettono in riga il governo sulle nuove misure

Francesco Storace

Il governo c’ha provato a dividere il fronte delle regioni sulle misure prese e da prendere per la lotta al coronavirus, ma il tentativo è andato a vuoto. Stamane, prima dei provvedimenti che Conte varerà oggi – più ridimensionati rispetto alle minacce della vigilia – ci sarà un nuovo tavolo tra governo e rappresentanti del territorio. Che hanno sintetizzato le loro proposte in una posizione comune.

Le stesse polemiche aizzate dal ministro Boccia e dal commissario Arcuri con dichiarazioni sconsiderate non hanno fatto breccia tra i governatori, più concentrati sulle risposte da offrire alla pubblica opinione.

  

Lo stesso Daniele Leodori, che è del Pd e rappresenta la regione Lazio al posto di Nicola Zingaretti, parla di “clima più sereno, i chiarimenti hanno rimesso le cose nella giusta collocazione”.

La realtà è che prima o poi Giuseppe Conte dovrà capire che non può pavoneggiarsi quando ci sono buone notizie e scaricare tutto sulle regioni quando la situazione volge al peggio. E oggi la discussione dovrà vertere su questioni assolutamente precise.

E questo anche per evitare derive locali imbarazzanti come quelle in cui si è esibito il governatore campano Vincenzo De Luca. Proprio il Lazio, ad esempio, ha diramato una nota ieri per ribadire che non ha assunto alcuna decisione in merito a nuovi provvedimenti per contenere il contagio «e che, soprattutto, non è prevista alcuna nuova ordinanza né decisione presa autonomamente”. Dice infatti Leodori al termine di una giornata impegnativa di riunioni: ““Il Lazio continuerà a lavorare d’intesa con il governo e le altre regioni. C’è massima allerta e preoccupazione, la raccomandazione è quella di marciare uniti tra istituzioni e cittadini”.

Tra le proposte ancora in discussione quelle sull’orario di chiusura di bar e ristoranti alle 24. Forse alle 23 per le zone della movida, anche se ci sono dubbi. E comunque, afferma il governatore della Liguria Giovanni Toti, “spero che questa volta le regioni vengano ascoltate e abbiano margini di manovra: trattare i locali della movida come i bar dei piccoli centri dove il Covid non esiste è folle è inutile”.

Sul tavolo anche l’ulteriore stretta su manifestazioni e congressi, su sagre e fiere e sugli sport minori.

Le richieste delle regioni riguarderanno la possibilità di assumere nel servizio sanitario nazionale anche specializzandi e di poter utilizzare personale sanitario con maggiore flessibilità. E pure l‘autorizzazione al tampone salivare per la diagnostica.

I governatori chiedono più uomini per i servizi legati ai controlli sul rispetto delle norme antiCovid: lamentano la scarsità di risorse. Dulcis in fundo, ma non certo per ultimo, prevedere la didattica a distanza a rotazione per gli ultimi tre anni degli istituti superiori. E per l’università accesso agli atenei solo per le matricole al primo anno. Tutto questo anzitutto per alleggerire il peso dei passeggeri sui trasporti per scuola e lavoro. Aggiunge Toti: “E’ inutile inasprire sempre le regole e non dare risorse per i controlli. Le contestazioni di governo alle regioni? Forse attaccano per coprire i propri ritardi... sono attacchi difensivi. Le regioni, chi più chi meno, si sono sobbarcate finora tutto il peso della crisi Covid e spesso lo hanno fatto pure imbrigliate da regole incomprensibili e cervellotiche”.

Ora si tratta di capire se sarà vera pace con l’esecutivo e si avvierà una nuova fase di collaborazione bilaterale. Ma è evidente che molta parte dei problemi stanno nella cassa: se lo Stato non scuce quattrini sarà evidente che il sistema delle autonomie rischia di restare con le spalle al muro. E nessuno può permettersi di giocare tiri mancini alle regioni che stanno in prima linea per tentare di tornare a far respirare i cittadini e le imprese.

Poi, certo, l’ultima parola spetterà al premier Conte che stasera dovrà comunicare le decisioni prese (con la solita modalità televisiva): l’auspicio è che si proceda finalmente con ragionevolezza