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Pronti a cantare dai balconi? Conte prepara un altro lockdown

Francesco Storace
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Non sarà mal comune mezzo gaudio. Ci faranno precipitare in una specie di Ztl del coronavirus. Un po’ sì e un po’ no. Ieri l’antipasto nella riunione di maggioranza, oggi il confronto con il Comitato tecnico scientifico. Prepariamoci a vivere con il patema d’animo le prossime giornate, che saranno capaci di inventarsi di tutto, i signori del governo. Ci toccherà stare con l’occhio attento fuori dalla finestra di casa: siamo in zona rossa o no? La telefonata in ufficio sarà immancabile: sai mica se siamo di nuovo in smart working? La scuola di mio figlio è chiusa, chiederemo a prof e genitori degli altri ragazzi? Oppure ci dovremo informare se hanno ridotto la frequenza oraria. E se vorremo andare al bar o al ristorante, saremo costretti a telefonare prima per sapere entro che ora va bene. Già, perché non potremo stare in fila fuori dal locale. E visto che ci siamo non dimentichiamo pure l’ora per prendere un caffè sennò facciamo la fine di quella signora ottantenne multata con 400 euro per aver chiesto al marito se lo voleva pure lui. Erano al bar e i vigili si sono avventati sulla donna perché aveva calato la mascherina per bere. Conviene deciderlo a casa prima...Se saremo in prossimità di una gita fuori porta, sarà bene stare incollati al tg regionale per capire dove possiamo andare e dove sarà assolutamente vietato: stanno discutendo del blocco tra regioni o all’interno delle stesse. Nel mirino di Conte – si dice a palazzo Chigi – ci sono Piemonte, Lombardia, Campania, Calabria e Basilicata. L’unico contento, manco a dirlo, è il governatore campano Vincenzo De Luca, che sul Covid si è giocato bene il bonus per la riconferma e che vede ora l’inizio della fine. Non gli parrà vero di tornare a minacciare l’uso dell’adorato lanciafiamme. Infine, appena Conte tornerà a picchiarci da Facebook: occhio a quello che dirà su matrimoni, battesimi, convivii di qualunque genere: dovremo scegliere chi frequentare a tavola nei banchetti, massimo venti persone. In quattro al tavolo del ristorante. E pazienza se i figli sono tre: uno farà la fame. Meno praticabile l’ipotesi, a cui pure stanno incredibilmente pensando, di controlli dentro le nostre case. Conte era tentato di porre regole in casa altrui, fin sotto le lenzuola. Ma si è frenato magari per il timore che di ripicca qualcuno dia un’occhiata sotto le sue…

 

 

Ovviamente, nessuno dei nostri governanti penserà alla clamorosa contraddizione tra le restrizioni per tutti noi mentre spalancano i porti ai clandestini di tutta l’Africa. Magari delegheranno il rifornimento delle mascherine per i migranti alla efficientissima regione Lazio di Nicola Zingaretti. E tutto questo accadrà perché una propaganda ossessiva ci informa ogni giorno sul numero dei positivi che crescono, ma tace sui morti, che non sono affatto in un numero spaventoso come a marzo e aprile. Proprio ad aprile c’erano 4000 persone nelle terapie intensive, ora nemmeno 400. Che non è poco, ma non giustifica certo provvedimenti draconiani per bloccare l’Italia in parti diverse tra loro. Anche perché si rischia di aggiungere caos a caos, come si registra con il lockdown parziale nella provincia di Latina deciso da Zingaretti. Qui, ha denunciato il capogruppo leghista alla Pisana Angelo Tripodi, la Asl ha fatto solo un gran casino “per i tamponi agli alunni pontini, convocati allo stesso orario, al Polo Fieristico del capoluogo”. Entro il 15 ottobre Conte dovrà firmare di nuovo un Dpcm con le misure più restrittive, tra quelle che abbiamo indicato sopra. E restano fortissimi i timori per quello che ci aspetta soprattutto per le categorie produttive. Sono i tecnici consultati dal governo a spingere per provvedimenti-monstre e il premier rischia nuovi conflitti con le parti sociali, a partire da Confindustria che stava tentando faticosamente di portare dalla sua parte. Sullo sfondo, si gioca anche la partita politica del Mes. Accelerare sul lockdown generale o parziale – come non a caso pretende il Pd dal governo – può far pendere la bilancia dalla parte del ricorso al SalvaStati. E Conte, calcolatore com’è, non vede l’ora di avere l’alibi per poter far conto su quei 36 sporchi miliardi, visto che sul Recovery Fund pare che le cose si stiano complicando in Europa. Lui fa “politica” e cassa, noi con la mascherina. Il premier ne è dispensato al ristorante…Questi ci spingono nel baratro.

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